domenica 13 novembre 2016

Viaggio al termine dell'incipit (9)

- Sentite, io non c’entro un cazzo! Non so nulla del denaro e della coca.
- No entiendo!
- Credetemi. Io non so neanche che ci faccio qui. Sono partito per trovare un tizio. È possibile che mi trovi sempre nella merda con gente che tiene un’arma in mano, capite? Credo di essere in due tempi diversi… due ore diverse.
- Hey, amigo, estàs loco!
- Non sono pazzo. Io non sono in questo istante!
- Esto se hace de la coca!
- Io non mi drogo, cazzo!
Va bene. Questi hanno due mitra puntati su di me. Io ho una pistola nelle mutande. I casi sono due: o mi ammazzano oppure è tutta una messa in scena. Se io non sono realmente qua, ne esco pulito come una rosa, se invece è una stronzata che mi balena nella testa, allora vado direttamente all’inferno e buonanotte al secchio. Ogni giorno qualcuno ti punta qualcosa contro, che sia un dito per giudicarti che siano parole offensive, da qualche parte devi pur trovare il modo di schivare i proiettili, a meno che tu non voglia uscire con un giubbotto antiproiettile, che non serve ad un accidente, perché chi ti giudica ti fa un bel buco nella testa, e quel buco te lo porti appresso per tutta la vita. Quindi, o questa è un’illusione, un incubo sepolto nei miei reconditi pensieri che si sono rivelati sottoforma di criminalità inconscia per la mia eccessiva immaginazione, o tra pochi secondi, vi saputo tutti brava gente. Per scoprirlo tiro fuori la pistola. La punto verso il soffitto e i due iniziano ad azionare i loro mitra. Saltano pezzi di legno, frammenti di muro, piume di cuscini e il letto sembra abbia delle convulsioni. Un casino indescrivibile da rompere il martelletto dell’incudine che ho infilato nelle orecchie. Poi il silenzio. Io sono in piedi. Loro sono in piedi. Intorno tutto è grattugiato, nella mia testa l’acufene. Buchi nei muri, la porta dietro è in frantumi, la maniglia si è aggrappata alla serratura. Al rallentatore mi guardo a destra e poi a sinistra, abbasso i miei occhi sul mio corpo per osservare se per caso sia stato sbriciolato. Con le mani faccio un’ulteriore verifica: sono intero. Stanno ricaricando i mitra e io non riprovo per la seconda volta a convincermi che non sia lì, meglio alzare i tacchi e correre fuori da sto posto infame. Attraverso le vie di Tarapoto ed entro in un centro commerciale. Non mi hanno seguito. Hanno i soldi e la coca, che gliene frega. Entro in un bagno perché ci manca poco che mi caghi addosso. Finita la cerimonia entro in un ristorante. La fame chimica mi ha bucato lo stomaco. Ordino un sacco di porcheria piccante e mi bevo due birre fresche. Mentre m’ingozzo, vedo lei passare di corsa. Lei, quella del pullman che mi dormiva sulla spalla, e mi va di traverso la birra.

- Sto imparando - ha detto all'uccello - anche se è un apprendimento inutile, perché sono condannato a morire.
- Hai scoperto quanto tutto sia facile? - sembrava rispondere il corvo - basta avere coraggio.

(Vecchio detto peruviano)
continua...


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