Ero al solito locale, seduto su una panca, in compagnia di
me stesso e di un rhum-cooler, quando entrarono loro: vestite di nero, capelli
neri, appena tornate dal buio col bottino in mano.
Erano sorridenti e pericolose.
Arrivarono al mio tavolo con quattro calici di amarone, come
se tenessero pistole fumanti da poco usate e chiesero di sedersi, sorridendo
pericolosamente ancora.
Erano in tre ed ero circondato.
Mi porsero un calice e mi offrirono il vino e brindammo come
cariatidi che sostengono l’universo appena depredato.
Sorseggiai i loro occhi, che sembravano mischiati dai riflessi
dei calici e dai vortici del vino, che ruotavamo profumandoci l’aria.
Una era Poseidone, una era Scilla e l’altra era Cariddi.
Io mi limitavo, al momento, ad essere Nessuno.
Rompemmo subito il ghiaccio con quel poco che era rimasto
sul fondo del mio bicchiere di rhum-cooler ormai bevuto.
Parlammo del più e del meno come calamite che si cercano in
un campo magnetico in disuso.
Ero felicemente terrorizzato ma non lo davo a vedere.
Andammo fuori a fumare domande, le solite, accendendole con
candele per la sventura di marinai sconosciuti, così dissero loro, e pensai, se
per caso, avessi abbandonato i miei compagni per seguire il canto delle sirene.
Mi soffermai improvvisamente con Poseidone e si mise a
cantare… ed io non ero legato.
Misteriosamente e decisamente se ne andarono… a ballare, e
mi chiesero di seguirle.
Rinunciai e le salutai come appena sveglio dopo un
naufragio.
Rimasi assorto per una mezzora a grugnire nel pantano dei
pensieri, e mi chiesi se era il caso di alzarmi e di andare da loro… era il
caso…. E seguii il filo.
Arrivai al nuovo locale e Scilla e Cariddi danzavano,
Poseidone no. Mi sedetti accanto e sparai cazzate perché non avevo caricato altro.
Ogni tanto mi alzavo e ballavo come un molleggiato, poi mi risedevo e
continuavo a sparare dato che rideva e sembrava gradire.
Bevemmo ancora e fumammo, ma questa volta i marinai erano
salvi dato che di candele accese in giro non se ne vedevano.
Erano le tre ma sembrava che fosse ancora presto e ci
infilammo nell’ultimo locale aperto, come se fossimo alla ricerca di un’isola
perduta.
In quel frangente ci scambiammo contatti come estrazioni del
lotto e ci soffermammo più sui dettagli e sulle confidenze.
Chiudemmo con un arrivederci a presto, e sfumammo lentamente con qualche
messaggio più tardi, sotto coperta, come marinai che, in realtà, non erano mai stati
in pericolo.
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