venerdì 30 gennaio 2015

La vita


- Lei mi conosce.
Non l’avevo mai vista.
- No, no. Lei mi conosce.
Così mi disse. Sembrava arrivata da chissà dove: da quei luoghi dove chi parte sa dove vuole andare. Non avevo idea di cosa volesse. Mi disse che aveva attraversato contee, casati, fitti boschi di maestosi arbusti. Aveva attraversato confini senza fotografie da esporre e senza identità da dichiarare. Voleva solo sedermi accanto, così disse, e tenere le mani infilate nelle cosce.
- Lei mi conosce.
- Guarda che ti sbagli!
Sbadigli.
- Siamo legati.
Non c’erano corde.
- È un elastico.
Disse di scatto.
- Vede che lo sa?
Non capivo. Per quanto fosse vicina la sentivo lontana. Mi sentii tirare la vita e andammo in direzioni diverse al culmine degli abissi. Qualcosa si estese. Non ci eravamo mai mossi.
- Lei mi conosce.
- Non ti ho mai vista.
- Mi ha sentita.
- Perché mi dai del lei?
- Perché ci sono io, tu e la vita.

martedì 27 gennaio 2015

Auschwitz


Bisogna starci dentro
a tremare sotto le coperte
tra parole ordinate come tegole di un tetto
a comprendere dai camini ciò che fummo.
Bisogna starci dentro
ad una nevicata d’inverno
al freddo a digrignare i denti
in un soffio di spifferi gelidi
solo per tentare di incantare i serpenti.
Bisogna starci dentro
a fare una doccia senz’acqua
quando sai che è gasata
dai rubinetti che spruzzano
una squallida partita truccata.
- Un giorno l’avevo messa dentro, sai! Ci fu un rasoterra in diagonale da un calcio d’angolo sbagliato, quei cross colpiti male. Ero fuori area, in quel periodo non andavo a saltare. Ero al limite. Vidi questa palla telecomandata da Dio che arrivava verso me, rotolava perfettamente, e la sua velocità era in linea con la mia mente. Io le andai incontro come un bambino verso la sua mamma, e l’impatto tra il mio piede e questo mondo, fu un abbraccio di un secondo. Un big bang a occhi chiusi, un tuono dopo il lampo, l’origine della vita e dell’universo. Andò proprio lì, in quell’incrocio, dove tutti quelli che tirano calci sognano un giorno di ficcarcelo. In quell’angolo tra i due pali dove il ragno tesserebbe la tela, ma il ragno resto fermo con i guantoni in mano, a pregare lo stesso Dio che potesse stamparsi sul palo. La rete si gonfiò in assenza di vento e il pallone ribalzò aldilà della riga bianca. Corsi veloce verso il nulla, verso spettatori invisibili che sventolavano i miei colori, perché per un attimo avevo creduto di conoscere il futuro. Fu l’ultima partita in quel campo prima che ci venissero a prendere gli avversari per portarci di forza in un concentramento.
- Perché guardiamo tutti in alto?
- Aspettiamo!
- Cosa?
- Non lo so. Bisogna starci dentro.


domenica 25 gennaio 2015

Insomma


Quel volto che vagava su e giù per gli isolati quartieri, decise di venire da me, a un palmo di naso, a formare un’eclissi tra due corpi celesti, a creare un campo magnetico tra poli opposti. Comunicammo i nostri segreti tramite gli occhi, con le palpebre che sbattevano codici a intermittenza di trasformazioni personali e di richieste di aiuto mai espresse dalle corde vocali. Era una mattina di alberi in fuga, di radici rumorose sotto ai nostri piedi, di correnti d’acqua profonde di lontane sorgenti. Lei stava a specchiarsi sulla pelle del mio viso, mentre io ero soggiogato da quel miscuglio di bellezza inconcepibile che oscurava l’inferno e proiettava il paradiso. Ci mettemmo a ruotare scambiandoci, a turno, il ruolo del satellite e del sole. La terra era ai nostri piedi e cominciammo a vorticare.
- Insomma, da che parte dobbiamo andare?
- Dove ci spinge la nostra forza vitale.
Ci fu un forte sviluppo verticale, una potenza sprigionata dal turbine del cuore, un cumulo di instabilità atmosferica inaudita, e lei si mise a urlare.
- INSOMMA!
E continuammo a sommare.

Storia di un malcapitato 3

- Orsù, dunque… può un uomo sentirsi vittima delle ingiustizie terrene? Non sono, forse, le sue indecisioni a scaturire in lui quella sorta di vittimismo costante? Voi, viandante, che assomigliate a un profugo che fugge dalla vergogna, cosa vi porta in queste strade dove nessuno si interessa al vostro operato e vi mette alla gogna?
- Mi sto perdendo come si perde un topo nella fogna.
- Voi vi siete già perso....
- Questo dire è disonesto.
- Perché voi pensate che il mondo sia traditore. Non ce la farete mai a essere onesto.
- Non serve che io sia onesto e fedele, dato che nominandoli perdono subito di valore.
- Voi non fate quello per cui vi è stato chiesto di fare.
- E chi lo disse?
- L’universo con tutte le stelle.
- All’universo non interessa cosa faccio, a lui interessa come lo faccio.
- Beh, dopo questa vostra illuminante dichiarazione, io mi taccio.
- Diamine, parlate pure, cagnaccio.
- Voi mi offendete, malcapitato.
- Vi state sbagliando cavaliere, non è nelle mie corde.
- Invece voi risuonate come un diapason e distribuite onde con in mano la spada della disciplina. Pensate di uscire dalla vergogna ripetendo ogni giorno quello che siete?
- Orsù, dunque… Voi mi dite che la vergogna è una falsa interpretazione della mente?
- No, messere. La vergogna è nella gente…
- Finitela con questa pantomima e ditemi cosa vi spinge a parlare di essa?
- Nulla. È la vostra faccia che me l’ha ricordata.
- Ora mi offendete voi, cavaliere!
- Avete ragione, ma non posso far altro, dato che voi siete un malcapitato.
- Sei io sono un malcapitato, voi chi siete?
- Il vostro mestiere.
 


lunedì 19 gennaio 2015

Due polmoni


Due corpi che non si toccano. Due corpi vicini. Due polmoni separati che si gonfiano. Le loro mani. I palmi a terra. I mignoli a poca distanza. Occhi chiusi, cielo terso, alberi sdraiati. Scompaiono per riapparire. Qualcosa si muove. Un soffio, un piede. Due neonati giganti. Muovono gli arti. La gambe pedalano nell’aria. Non si toccano. Le braccia. Le braccia contengono il vuoto. Una grande palla d’aria sull’addome. La stringono con le cosce, con le dita. Dondolano. Insieme. Destra e sinistra. Non si toccano. Il cielo è terso. La luna è alta. Due corpi vicini. Due corpi che non si toccano. È finito il tempo, non c’è spazio. È il momento giusto. L’attimo. E si fondono.
- Che cosa abbiamo fatto? – chiede un corpo.
- Abbiamo fatto attenzione.



 

martedì 13 gennaio 2015

Piramo e Tisbe

PIRAMO E TISBE
Uno spiffero d’aria gli tagliò la faccia in due. Una riga gelida irregolare da provocare un terremoto nelle ossa. Ebbe una crepa nel cuore e una guancia rossa. Il soffio spezzato proveniva da uno dei muri lì intorno, dove c’era una crepa, e si diresse verso di essa. La osservò con cura con uno sguardo paziente, anche se non era ancora ammalato, il freddo, gli congelò la mente. Il suo indice andò verso quella ferita e la mano gli tremava. Quando il dito si appoggiò sull’insenatura, si sentì un lamento di fanciulla arrivare dall’altro lato delle mura. Lui ritrasse immediatamente la mano, per paura di aver provocato un dolore più intenso. Fece un passo indietro, e si moltiplicarono crepe come si moltiplica l’immenso. Innumerevoli ramificazioni si aprirono davanti a lui, e apparve un albero di gelso. A terra frammenti di intonaco bianchi cambiavano colore come i profumi quando cambiano l’odore. Una ragazza dai capelli neri di un futuro funesto, camminò a piedi nudi sui residui rimasti, e gli andò incontro come si infilano i fulmini nei boschi.
- Ti ho atteso così tanto.
Lei non ebbe il tempo di capire, che una belva sbucata dal cemento, le strappò il velo e una parte del suo corpo.
Lui divenne pietra e si vergognò del fatto che era troppo tardi per salvarla dalla bestia, e si tolse la vita. Ma lei non era morta, era solo ferita. Quando vide lui morente con gli occhi della colpa, prese la spada, e dal dolore, si procurò nella sua carne una ferita simile a una crepa.
Il gelso produsse i suoi frutti color vermiglio, per ricordare l’amore, di due giovani morti, nato da un sottile bisbiglio.

martedì 6 gennaio 2015

Storia di un malcapitato 2

- Orsù, dunque… chi siete voi viandante?
- (Ecco. Un altro cavaliere dalle strane sembianze). Sono un umile passeggero.
- E dove siete diretto?
- Non ho una mèta in particolare. Sentii, anni fa, una voce che mi disse di andare.
- E chi fu codesta voce?
- Non lo so. La voce interiore?
- Quindi, voi camminate senza alcuna destinazione?
- Così, come voi dite.
- Orsù, dunque… può un uomo condurre un percorso senza un progetto in cantiere? Può un uomo non avere una mappa da consultare? Chi è costui che pretende di passare sguainando la spada dell’incertezza? A ogni uomo sulla terra è stato consegnato un destino. Qual è il vostro?
- Non lo so, non lo conosco.
- Come sarebbe a dire che non lo conoscete? Ogni uomo ha un compito preciso, suvvia, non fate il presuntuoso.
- Vi state sbagliando, cavaliere, io non ho alcune pretese.
- Mentite! Sapendo di mentire. L’abbandono sul sentiero della vita non è la soluzione. Voi siete posseduto dalla presunzione. Lo colgo nei vostri occhi che desiderano amore. Ma come potete pretendere amore dall’umanità se non riconoscete l’amore per voi stesso con umiltà? Quello che voi fate è solo un tentativo maldestro. Avete lo sguardo e l’andatura di un cane bastonato quando dentro circola un serpente velenoso. Ma non vi vedete? Potreste mordere chiunque vi attraversi la strada, potreste inveire contro l’universo solo perché non vi aggrada. La presunzione è infima, si nasconde sottoterra come una talpa e sbuca fuori quando pensate di essere una colomba. Credete basti la cortesia, l’educazione, la conoscenza? No, vi sbagliate, non ne avrete mai abbastanza. È proprio quando avrete raggiunto il culmine del vostro talento che lei si presenta, sottoforma di generale applauso di riconoscenza. È il rumore dentro a quel battito di mani che risuona nelle vostre orecchie che vi tradisce. Vi pervade in tutto il vostro corpo, fino a far credere di essere onnipotente. Vi acceca, vi rende sordo e vi fa parlare una lingua di rabbia sputando sentenze, come un fuoco di un drago infuriato che pretende obbedienze. Bruciate pure ogni cosa intorno col vostro fiato da dinosauro, col vostro falso atteggiamento da eroe senza impresa, tanto tutti lo sanno che siete un Minotauro. Caro malcapitato, perché voi lo siete, vi trovate in un labirinto senza uscite, a combattere contro voi stesso quel mostro che non sapete sconfiggere, perché la spada che avete è invisibile, e non può infierire, così continuerete a farvi la guerra senza che venga versata una sola goccia di sangue. Vi state imprigionando da solo con una spina nel cuore e una catena alle caviglie. Uscite prima che potete, perché la presunzione chiude ogni passaggio sulla via della sete.
- Orsù, dunque… Voi mi dite che la presunzione è una falsa interpretazione della mente?
- No, messere. La presunzione è nella gente…
- Finitela con questa pantomima e ditemi cosa vi spinge a parlare di essa?
- Nulla. È la vostra faccia che me l’ha ricordata.
- Voi mi offendete senza motivo, cavaliere!
- Avete ragione, ma non posso far altro, dato che voi siete un malcapitato.
- Sei io sono un malcapitato, voi chi siete?
- Il vostro servo fedele.
- E da quando in qua un servo fedele parla di presunzione?
- Dall’origine del mondo.
- Voi siete il diavolo?
- Messere, vi sbagliate, sono sempre l’angelo.
 

lunedì 5 gennaio 2015

Anna

Anna cammina leggiadra verso il mare a risolvere indovinelli.
Anna cammina scalza, controvento, asciugandosi i capelli.
- Dove sei diretta?
- Nella sabbia, dove costruiscono castelli.

domenica 4 gennaio 2015

Storia di un malcapitato

- Orsù, dunque… può un uomo sentirsi deluso dal genere umano? Possono le menzogne, i tradimenti o le promesse non mantenute dare tormento al suo cuore infranto e generoso? Chi è costui che pretende onestà sguainando la spada della verità? E poi quale verità? Nessun uomo può elevarsi a Dio e gridare giustizia, dato che a ogni uomo non è concesso di averla. Non si può possedere la verità e la menzogna: ognuna di loro è priva di volto, ognuna di loro indossa una maschera per confondere l’animo umano. Ho visto con i miei occhi donne e uomini ammalarsi di verità, ingiuriando il proprio nome pur di avere giustizia. Eppure, ogni donna o uomo che sia, incontrerà nella sua vita la delusione. Essa è scalza e vi cammina accanto, saltella tra le betulle e i fossi d’erba zigzagando. Tiene sempre in mano una cesta e un foulard sulla testa. A volte fischietta, a volte canta incomprensibili nenie che fanno scappare gli uccelli dalla foresta. La delusione sbatte la porta entrando dalla finestra. Pretende la vostra attenzione come una moglie gelosa. Per quanto sia forte il vostro pensiero, essa è in grado di ammaliarvi, di sedurvi, di catturarvi. Vi riempie di attenzioni come una serva e vi coccola come una concubina. È una persona di fiducia, una cagna che ubbidisce ai vostri comandi. Essa sa come prendervi: finge di essere un’innocua farfalla, quando in realtà è una piovra dai mille tentacoli. Quanti malcapitati sono stati prigionieri della sua sagacia? Quanti malcapitati accecati dalla sua luna? E quanti ce ne saranno ancora che non sono mai nati?
- Orsù, dunque… Voi mi dite che la delusione è una falsa interpretazione della mente?
- No, messere. La delusione è nella gente…
- Finitela con questa pantomima e ditemi cosa vi spinge a parlare di essa?
- Nulla. È la vostra faccia che me l’ha ricordata.
- Voi mi offendete senza motivo, cavaliere!
- Avete ragione, ma non posso far altro, dato che voi siete un malcapitato.
- Sei io sono un malcapitato, voi chi siete?
- Il vostro angelo custode.
- E da quando in qua un angelo custode si traveste da sfidante?
- Dall’origine del mondo.
- Ora non vorrei che foste voi la delusione sotto mentita veste.
- Messere, vi sbagliate, senza lo sfidante voi non esistereste.


http://youtu.be/a6p-GNHJmSU

Seghe

In seconda media, circa, quando si fumava tutti le More dietro alla chiesetta, i miei amichetti, oltre che a tossire in continuazione, parlavano di "seghe". Io non ne sapevo ancora nulla ma ne avevo sentito parlare. Un giorno, quando dalle More passarono alle Muratti Ambassador, confessai che non me le ero ancora mai fatte. Dopo qualche minuto di sgomento generale, il capo banda, o quello che si reputava tale, mi diede delle dritte su come fare. Quella stessa notte mi feci la... prima sega. Verso le due di notte mi alzai dal letto e andai in tinello. I miei genitori e fratelli dormivano profondamente, forse. Misi una coperta sulla porta, dato che era col vetro e filtrava la luce, e poi andai verso un televisore in bianconero color arancione. Anche lì misi una coperta sulla mia testa e sopra il televisore e guardai lo strep tease. Se fossero entrati i miei in quel momento avrebbero pensato di trovare in casa un fotografo dell'inizio Novecento, dato che avevo sta testa infilata nella coperta e una mano sul baffo - perché non prendeva un accidente sta cazzo di televisione - e l'altra sull'obiettivo pronta a scattare la foto, FLASH! Comunque, non mi soffermo sui dettagli ed evito di raccontare il susseguirsi degli eventi. Il giorno dopo però, quando dissi che me l'ero fatta anche io finalmente, tutti chiesero:
- E come è stato?
- Non so... Ho sentito un rumore...
- Rumore?
- Sì, come quando viene su il caffè!

Saluti

Sei mesi fa, circa, un signore ha aperto un’agenzia assicurativa sotto casa mia. La prima volta che ci siamo incontrati io ho detto “Buongiorno” e lui “Ciao”. Siamo andati avanti così per un po’. Poi, un giorno, ho preso coraggio e gli ho detto “Ciao” ma lui mi ha risposto “Buongiorno”. Abbiamo continuato per molte settimane: io “Ciao” e lui “Buongiorno”, io “Buongiorno” e lui “Ciao”. Non ne abbiamo mai azzeccata una. C’è stato un periodo che lui fumava nervosamente e faceva finta di non vedermi, quasi avesse lo sguardo perso nel vuoto. Questa tragedia tra di noi è finita tra le feste natalizie. Non ci salutiamo più, facciamo solo un sorrisetto e due sì con la testa.