domenica 27 settembre 2015

Incontrarsi


Incontrarsi.
Che cosa è cambiato dall’ultima volta? Credo nulla. Finiremo per incontrarci ancora. Mi parli dei tuoi difetti, non sono mai gli stessi. Me li consegni come regali già aperti. Forse è il tuo modo per raccontarti, hai paura di piacerti. Chissà se ti accarezzi. Pensa che io non li ho mai notati, li ho solo intravisti. Vorrei unirli e metterli in disordine in tutti gli specchi, così la prossima volta me li ricordo tutti. Eppure siamo al solito posto, sembra che il tempo sia una bizzarra fotografia che scolorisce, ti ricordi? Mi hai detto che parlavamo molto sul balcone di una discoteca. La musica era alta, la gente sotto ballava e noi tagliavamo la corda. Che cazzo ci si diceva. Si fumava. Non ricordo nulla, ti riconosco solo ora. Hai la spalla scoperta, è la prima volta che sei erotica. Un vulcano spento è la tua scapola, vorrei metterci la faccia. Respirare il tuo cuore e inghiottirlo come una pillola. Quante volte avremmo potuto curarci senza ricorrere ad ambulanze a forma di nuvole. Le sirene non si sono mai spiegate, non sono mai venute a prendermi.
- Le solite cose…
Le nostre risposte tra bicchieri mezzi pieni di amari per digerire i nostri innumerevoli incontri. Perché non stiamo zitti, potrei baciarti.
- E poi che succede?
- Potremo smettere di incontrarci.

martedì 22 settembre 2015

La vicina di casa


La finestra è sempre accesa dalla luce e dalla sua sigaretta. Io sto di qua a casa mia, seduto sulla sedia a leggere qualcosa. A volte vorrei scattare per andare da lei, e lanciarmi dal balcone per aggrapparmi al suo davanzale, solo per tirarmi su e ridere.
- Ma sei matto? – mi direbbe sorpresa.
- Ogni tanto… – mi verrebbe da rispondere
Lei si nasconde, la guardo tra le fessure della persiana. Di giorno ci salutiamo appena, lei abbassa lo sguardo, io invece cerco qualcosa. Una volta le ho aperto il cancello, c’è mancato poco che le toccassi la mano. Non ha voglia di parlare e ha sempre un passo veloce che la porta a sparire. A ogni incontro ci manca il fiato.
Ora fuma e manda messaggi. Io sto ascoltando musica. Non è molto alta, sia lei che la musica. Lascio che si diffonda nell’aria. La vedo che ondeggia e segue il tempo, forse sogna di fare l’amore, di essere abbracciata, di essere spettinata. Io cammino avanti e indietro solo per donarle la mia ombra. Apro il frigo e bevo, lo faccio tutte le sere. Per quanto la distanza sia breve, siamo lontani anni luce. Se un desiderio esiste verrà sepolto dalle nostre abitudini. Non so come ti chiami.
- Ciao…
Lei fa solo un cenno e spegne la sigaretta.
Io raccolgo la roba stesa.
È asciutta.

sabato 19 settembre 2015

Dentro al cellulare


Sono stato per un lungo periodo dentro al cellulare. Ero un sacco di gente, tanti numeri e tante fotografie. Capitava che nello stesso istante ero a New York, Londra e a Damasco a fare la guerra. Ho anche tagliato una testa. Ma le vacanze alle Dolomiti restano la mia estate più fresca. A volte mi spavento quando scorro: divento aggressivo, razzista per non dire assassino; una volta ero pure un bambino morto. Ho paura a stare dentro al cellulare, troppe cose passano e mi fanno male. Non mangiare quello, vai a protestare, devi essere felice, non ti meravigliare. Quante cose nel cellulare, e a volte mi chiamo solo per vedermi squillare, e mi tocca rispondere. Mi faccio anche offerte vantaggiose che io rifiuto perché non ho tempo da perdere. Dentro al cellulare, mah! non si sta poi così male. C’è la musica, le opere d’arte, i film, tante belle parole. Mi sono anche innamorato un sacco di volte, ho scritto poesie e ho fatto anche le cose sporche. Poi, la sera vado a dormire e metto la sveglia, e lo appoggio sotto il cuscino, il cellulare, a portata di mano. Sono stato per un lungo periodo dentro al cellulare, poi sono uscito un attimo, solo per andare a cagare.
Adesso torno indietro al 1967…Il cellulare da errore… Suona… drinnn drinnn
- Pronto? Pronto? Pronto? Pronto?...
Bisogna essere pronti dentro al cellulare.

martedì 15 settembre 2015

Pensavo fossi tu


Pensavo fossi tu. È bastato guardarti camminare. Ogni passo si accendeva un lampione. Perdonami se non ho colto la luce. Le tue scarpe sembravano scivolare e le tue ginocchia si piegavano con eleganza come se stessi salendo di scalino in scalino in orizzontale. Mi sei venuta incontro e mi hai chiesto di andare. Ho creduto di mettere in moto un’astronave. Abbiamo lasciato una scia di polvere lucente che solo una bacchetta con una stella sopra sa fare. Non era certo l’albero di Natale, non era certo un regalo da scartare. Osservavo gli strumenti per capire. Non sapevo come si potesse viaggiare nell’universo, in quella sera di poche stelle, che erano come le macchie che ho sempre sulla mia pelle. Ho avuto paura di non saper respirare fuori dall’atmosfera abituale. L’aria era diventata pesante come una frana, io che non so più come si tocca una marziana. Me lo sono chiesto mentre decollavo. Tu mi hai preso la mano. Mi hai detto di cambiare tasto. Non c’erano libretti di istruzione. Le galassie sono troppo lontane. Non siamo mai partiti. In realtà sono stato fermo perché ero altrove.
- Sei senza benzina?
- Scusami, non so girare la chiave.

sabato 12 settembre 2015

Fiato

- Lo senti questo fiato?
Uno strumento suonò veloce tra i finestrini aperti di un’auto.
- Pensa al tizio che guida…
E io pensai.
- Pensa che dentro al suo abitacolo c’è un altro tizio che suona qualcosa che aveva già suonato.
E io pensai anche a questo.
- Dove sta il tempo?
E io pensai al ritmo. Era già svanito.
- Fammi accendere…
Cercai l’accendino nelle tasche. Qualche goccia cadeva dalle nuvole.
- Sai una cosa?
- Cosa?
- Sarebbe ora che piovesse sull’asciutto.


sabato 5 settembre 2015

Joe

Joe cammina. Joe ha uno zaino, cosa ci sia dentro non lo sa neanche lui. Joe ha le scarpe nuove. Joe cammina senza consumarle. Il suo zaino pesa, se lo aggiusta. Joe non fa l’autostop. Forse puzza. Dove è diretto Joe? Joe è un uomo libero? Qualcuno gli ha detto di andare a nord. Joe non ha una bussola. Ora beve acqua e se ne versa sulla testa. Joe è notte, vai a dormire. Joe cammina come un bufalo che si è perso. Nessun leone in giro che possa sbranarlo.
- Ehi, vuoi un passaggio?
- Dove vai?
- Su…
Joe sale in macchina. Ascolta la musica. È stanco. Chiude gli occhi, per un attimo.
- Io sono arrivato.
- Io no.
- Dove vai?
- Su…
Joe cammina. Joe non vuole fare la guerra. Joe è lontano.
- Ehi! Vuoi venire su da me? – dico piano - Joe mi dispiace.
Joe sparisce dietro l’angolo.


mercoledì 2 settembre 2015

Le altalene


Avanti e indietro vanno le altalene
Avanti e indietro
Tu stai di fianco
Avanti e indietro
Siamo facce del pendolo
Tu torni io vado
Il tempo oscilla sulle gambe che spingono
Le nostre mani sul ferro
Avanti e indietro
A bocca aperta gli occhi si chiudono
Quanto ti amo quando non ti vedo
E poi dopo in parallelo
Dura un attimo
Rette sospese nel cielo
Scimmie d’acciaio
Avanti e indietro
Alcune parole sfuggono
I tuoi capelli restano
Ci sediamo
Avanti e indietro
Piano piano
Aspettiamo
Che si fermi tutto

Una storia scandinava

- Ma guarda questo!
Lei era appena scesa dalla macchina e lui era partito a tutta velocità. Non aveva neanche aspettato che lei entrasse in casa. Era già il quinto ragazzo che si comportava così alla prima uscita, quindi, fece come con tutti gli altri: non lo cercò più e non si fece più trovare. Sonia era fatta così, non sopportava gli uomini distratti, quelli poco attenti ai dettagli. Si era stancata.
- Ma è così difficile aspettare che entri in casa prima di andare via?
Non lo tollerava proprio.
La mattina seguente era al solito bar a fare la solita colazione e vide un ragazzo che di solito era lì, a quell'ora, che leggeva un libro, come era solito fare. Si fece forza e andò da lui, mentre di solito erano i ragazzi che andavano da lei.
- Cosa leggi?
- Una storia scandinava.
- Ah!
Lei si sedette e fecero una chiacchierata di circostanza. Passò un'oretta, e lei si sbilanciò, chiedendogli se quella sera gli andasse di cenare con lei. Lui accettò ma precisò di non avere la macchina. Lei gli disse che non c'era problema che avrebbe preso la sua. La serata andò alla grande e lei pagò pure il conto. Quando arrivò sotto a casa di lui, si salutarono, e quando lui scese, lei partì a tutta velocità. Fece un centinaio di metri e poi inchiodò.
- Cazzo!!! - disse ad alta voce e fece retromarcia. Parcheggiò e andò verso di lui che stava ancora cercando le chiavi in tasca.
- Ti posso accompagnare in casa?
- Certo!
Dopo pochi minuti erano già nudi nel letto. Nel pieno della notte Sonia fece una domanda a lui:
- Perché ti piacciono le storie scandinave?
- Perché sono fredde, credo!