Pensavo
fossi tu. È bastato guardarti camminare. Ogni passo si accendeva un lampione. Perdonami
se non ho colto la luce. Le tue scarpe sembravano scivolare e le tue ginocchia
si piegavano con eleganza come se stessi salendo di scalino in scalino in
orizzontale. Mi sei venuta incontro e mi hai chiesto di andare. Ho creduto di
mettere in moto un’astronave. Abbiamo lasciato una scia di polvere lucente che
solo una bacchetta con una stella sopra sa fare. Non era certo l’albero di
Natale, non era certo un regalo da scartare. Osservavo gli strumenti per capire.
Non sapevo come si potesse viaggiare nell’universo, in quella sera di poche
stelle, che erano come le macchie che ho sempre sulla mia pelle. Ho avuto paura
di non saper respirare fuori dall’atmosfera abituale. L’aria era diventata
pesante come una frana, io che non so più come si tocca una marziana. Me lo
sono chiesto mentre decollavo. Tu mi hai preso la mano. Mi hai detto di
cambiare tasto. Non c’erano libretti di istruzione. Le galassie sono troppo
lontane. Non siamo mai partiti. In realtà sono stato fermo perché ero altrove.
- Sei senza
benzina?- Scusami, non so girare la chiave.
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