lunedì 29 dicembre 2014

Guerra e pace

Guerra e pace si trovarono a bere vodka in un famoso locale di Tula.
- Che fai stasera? - chiese pace.
- Niente, non esercito più. - rispose guerra.

Capodanno


Mancava poco alla mezzanotte. Quella mezzanotte. Quella che viene solo una volta all’anno.
Lei era seduta con scarpette color blu notte e un vestito lungo pieno di stelle. Aveva una mezzaluna tra i capelli e lo sguardo rivolto alle mani appoggiate sulle gambe. L’avevo osservata per una mezzora e non aveva mai alzato la testa. La musica era lenta in quel luogo di grandi finestre e di alti soffitti. I lampadari ritti, assomigliavano a gocce d’acqua appese come lacrime ferme sulle gote. C’erano dipinti di cacciagione, e le sedie, imbottite con schienali in legno di querce, stavano in cerchio, come si stava da bambini quando ci si teneva per mano, e girava il mondo, e girava la terra, e tutti giù per terra. Al centro, innumerevoli coppie di ballerini danzavano strani passi, con rotazioni armoniose, e i piedi, come serpenti, strusciavano polpacci. Andai verso di lei come quando si cammina sui ghiacci e le scivolai dinnanzi sfiorandole i ginocchi.
- Balliamo?
Cambiò la posizione del suo sguardo, passò dalle sue mani ai miei occhi, e si toccò le labbra. Era in fase di studio, come un matematico davanti a un teorema senza le ipotesi.
- Sono un po’ rigida.
- Guido io.
- Bene. Non ho la patente…
La sua ironia mi fece scappare un sorriso che spalancò una finestra all’improvviso. Spostò le tende e l’attenzione. Un inserviente si affrettò a chiuderla, dato che il vento impetuoso aveva tutta l’intenzione di far piangere il lampadario. Le presi la mano e l’accompagnai dolcemente verso il vortice umano, fatto di incastri di gambe e di trottole. Stemmo molto vicini con le labbra e con le guance. Sembravamo due frutti: io la pesca e lei l’albicocca. Io respiravo dal naso mentre lei lo faceva con la bocca. Ebbi un piacere eccessivo tra le gambe mentre lei lo provava dietro le orecchie. Saltarono i nostri piedi insieme ai tappi di spumante.
- Giro.
- Gira.
E girammo.
- Casco.
- Casca.
E cascammo.
Così facemmo un danno al capo perché perdemmo la testa.


http://youtu.be/tX6H3RFpFnk

mercoledì 24 dicembre 2014

Lettera a Babbo Natale


- Niente, vado a casa.
- A quest’ora?
- Vado a scrivere la lettera a Babbo Natale.
- Ma sei un adulto!
Caro Babbo Natale, e perché no, Gesù bambino, così, per non far torto a nessuno. Dovrei avere richieste da fare come la lista della spesa, ma non mi sorge nulla di importante da chiedere, nel senso che non vorrei togliere a qualcun altro il trenino elettrico o il trattore di plastica. Certo, sto scherzando, ma anche chiedere quelle cose che si chiedono sempre per vivere meglio, lasciano il tempo che trovano. Non voglio dire che avere gioie e successi non siano utili a stare meglio e a migliorare se stessi, ma anche vero che queste cose le ottieni con un po’ di disciplina e con la curiosità di sorprenderti ogni volta che vieni a conoscere qualcosa. Comunque, tre cose ti chiedo velocemente: primo salva la poesia, secondo ripudiamo la guerra e terzo, beh quello è più personale, una sorta di culto, fa che io sia il più possibile uomo ma mai adulto.


http://youtu.be/Rdrmrz4VbHE

martedì 23 dicembre 2014

Moneta

- Sono sempre al punto di partenza.
Mi disse così, semplicemente. Aveva gli occhi sulla tazzina di caffè e il cucchiaino in bocca.
- L’amore ti cambia la faccia, capisci?
Si sentiva come la moneta che si lancia in aria aspettando la scelta.
- L’amore è sputtanarsi.
Non la smetteva più con queste frasi da colazione. Mi raccontò che voleva una casa piena di specchi e di grandi vetrate. Voleva il sole sulle piastrelle per camminarci sopra scalza. Poi, la radio del bar fece uscire una musica bella e una voce graffiante, e stemmo in silenzio a farci grattare le orecchie. Lei si specchiò nel cucchiaino come Biancaneve, mentre io pensavo ad altre favole.
- Si è fatto tardi.
Si alzò dal trono, mi diede una carezza e uscì dalla porta. Io pagai il prezzo, e feci per andarmene.
- Mi scusi, il resto! – mi disse il barista.
Presi la moneta e la lanciai in aria. Quando cadde sulla mia mano pensai alla mia faccia.
Testa “Glielo dico”. Croce “Non glielo dico”.
Quando aprii la mano vidi che era croce, io che ho sempre preferito testa.
- Allora? – chiese il barista.
- Croce!
- Ho sempre preferito testa.
- Già...
- Quindi?
- Glielo dico lo stesso…


Incipit omaggio a Joe Cocker
http://youtu.be/xsOSt3hNRY0

venerdì 19 dicembre 2014

Chiara

Salutò l’autunno con una foto. A Chiara piace come si dispongono le foglie in quella stagione. Le sembrano ballerine stravaccate dopo molte rotazioni nell’aria. L’autunno è così, come arriva se ne va, in punta dei piedi. E Chiara lo sapeva bene. Il suo obbiettivo è sempre pronto all’abbandono naturale del suo sguardo. Sa scrutare bene quel disordine, anzi, a volte si sente attratta da tutto quello che si dispone in modo casuale. Sarà la vita che glielo impone, lei che ha sempre pensato, in fin dei conti, che il caso vuole la sua parte.
Non si sedette per non disturbarle, ma si accorse di una che stava in bilico, e pensò che la sua vita non fosse tanto diversa da quella foglia. La chiamano natura morta, ma niente di più vivo trovò in quella necessità di stare appesa. Si allontanò camminando sulle foglie e si sentì sollevata come su di un tappeto volante. Il vento freddo le prese la faccia e le spostò i capelli, e lei glielo permise. Guardò il mondo dall’alto e fece un lungo sospiro. Scattò altre foto di panorami per cartoline da spedire, poi tornò a casa come tornano gli animali domestici. Aprì la porta e si accorse di una foglia tra i capelli. La tolse con cura e la tenne tra le mani.
- Perché mi hai seguita?
- Perché sono caduta.
Era la prima volta nella sua vita che le cadeva addosso qualcosa senza farle nulla.
 

http://youtu.be/pfEcGZ4D5Y4

giovedì 18 dicembre 2014

Regali di Natale

È un treno la sua mente, viaggia senza fermate tra stazioni in costruzione.
Ha corrotto i suoi sogni con l’abitudine: il quieto vivere. Segue il flusso della gente come presepi usciti dalle fogne. La via è colma, e i pacchetti sono stati confezionati bene. Migliaia di fiocchi passano orizzontali, e non è la neve.
“Presto! Dai che Natale è alle porte”, si sente per le strade.
- Vado alle Mauritius. Natale mi mette tristezza. Ecco questo è per te?
- Che cos’è?
- Un pensiero.
- Natale con i tuoi…
- E Pasqua?
- Già, Pasqua…
Lo apre e ci trova un cavatappi di un certo livello.
- E il pensiero dov’è?
Gli dà una bottiglia di vino.
Così va meglio!
- Allora parti?
- Sì, la vigilia.
- Quando torni?
- La befana!
Periodo classico.
Bevono in silenzio e ci mettono il naso dentro.
- Anche io ho qualcosa per te!
- Dai, cosa?
- Un pensiero.
Tenta di aprirlo ma il fiocco s’intreccia.
Il nodo si stringe.
Non vuole rompere la carta.
Per cortesia.
- Hai le forbici?
Si sente nervosa.
Lui le cerca ma non le trova.
Lei decide di strappare la carta in mille pezzi.
È una scatola vuota.
Non sa se offendersi.
- Quindi io sarei vuota?
Lui la guarda.
Fa un’espressione delle sue… quelle con le rughe.
- Era la carta il regalo.
- Come sarebbe a dire?
- All’interno avevo scritto una storia.
Si accorge delle parole che ha fatto a pezzi.
- Non sono brava con i puzzle.
Trova alcune parole più grandi, e le unisce.
Scova il titolo.
SE VUOI CI METTO IL MIO CUORE
È un treno la sua mente, viaggia senza fermate tra stazioni in costruzione.


martedì 16 dicembre 2014

Volevo scrivere una storia d’amore


Volevo scrivere una storia d’amore senza essere banale, cercando di far emozionare.
Volevo scrivere una storia d’amore perché sono le storie che vanno per la maggiore.
Perché le storie d’amore piacciono alla gente, se le sai raccontare.
Bisogna colpire al cuore, ricucire ferite, far pensare.
Ma una storia d’amore mica si chiede cosa sia normale. Sta mica lì a guardare il pelo nell’uovo o la trave nell’occhio o una barca nel mare.
Una storia d’amore avviene.
Magari uno stava a scioperare e l’altra stava a lavorare. Magari sono pure dello stesso sesso, ma si può fare? Magari sono di diversa religione, maddai, che stai a dire! Oppure lei stava per partire mentre lui stava per arrivare. Alla stazione, all’aeroporto o all’imbrunire.
Una storia d’amore non si chiede se hai fatto la prostituta, se stai in una comunità di recupero, sei hai perso il lavoro, se hai una casa in affitto, sei vai a Fatima, se hai fatto l’astronauta, se chiedi l’elemosina.
Una storia d’amore ti collega con un collega con la colla, o ti sbatte con una spinta sulle labbra di una bocca spenta. E l’accendi con la lingua e prendi la scossa: nelle vene, nei muscoli, nelle ossa.
E niente, volevo scrivere una storia d’amore, ma non so bene da dove cominciare. Qui c’è tanta carne al fuoco e il vino sul davanzale.
Comunque, volevo scrivere una storia d’amore, tanto per fare la rima, per dire una poesia o raccontare una storia, ma non mi viene nulla. Adesso provo a pensare, così qualcosa viene.
Allora, volevo scrivere una storia d’amore… già, ma quale?
Dove siamo rimasti?
Quindi, ci sono due che s’incontrano…
- Ciao.
- Ciao.
- Volevo iniziare una storia d’amore con te!
- Stai scherzando?
Volevo scrivere una storia d’amore per essere letta, e ho scritto una barzelletta.

domenica 14 dicembre 2014

Emozione e Sensazione

Emozione e Sensazione un giorno s’incontrarono. Era una domenica sera. Se ne stavano lì a guardarsi senza dire una parola. Avevano la necessità di capirsi, soprattutto, comprendere se tra loro ci fosse qualche differenza. Non erano mai state così vicine a scrutarsi, sembravano estranee, con la voglia di presentarsi.
- Piacere, sono Sensazione.
- Il piacere è tutto mio, sono Emozione.
Chissà perché Emozione aveva usato un po’ del suo ego nel dichiararsi. Sensazione chiuse gli occhi, Emozione li tenne spalancati. Sensazione aveva un respiro lento e regolare, Emozione lo aveva più circolare. Entrambe erano in contatto col cuore e con alcuni punti del cervello, non si sa bene dove. C’era così tanta materia che non bastava una Vita per studiarla.
- Io vengo prima di te, sai? – rivelò Sensazione aprendo gli occhi.
- Può essere! – profuse Emozione che mai li chiuse.
- Se venissi prima tu mi offuscheresti.
- Sì, ma tu senza di me non ci saresti.
Era un dialogo assurdo e per certi versi inutile. Erano solo un vortice di energia che si mescolava con la Logica. Infatti, lei arrivò.
- State coi piedi per terra!
Chissà perché la Logica aveva questo grande potere di trasformare ogni cosa e di renderla banale.
Ci mancava solo che arrivasse l’Amore per creare un bel minestrone. Infatti, arrivò anche lei che spazzò via tutto e si prese il potere.
- Ovunque voi siate, io sono l’unica che sposta le cose.
Emozione prese a vibrare, Logica si sentì ubriacata e Sensazione non stava più nella pelle.
E il Male? E il Dolore? E la Sofferenza?
Arrivarono anche loro come nuvole nere in una giornata di sole.
Tutta sta roba invisibile si mischiò, e non si fece mai vedere.
- Ma dov’è tutta sta gente qua? – si chiese il cervello fulminato tra le scosse elettriche.
- Boh… boh… boh… boh… - rispose, con la sua consueta abitudine, il cuore che beveva dell’ottima adrenalina invecchiata nel solito locale.
A quel punto la Vita decise di alzarsi, fece il suo rumore di richiamo onomatopeico e diede da mangiare a tutti quanti come si danno le briciole alle galline che beccano nel pollaio quando hanno fame.
- E la Morte? – chiese una gallina non si sa quale.
La Vita si girò e le diede un calcio nel sedere.
- Pensa a mangiare, idiota!
 


http://youtu.be/fJv4d2HK-eg

venerdì 12 dicembre 2014

No woman no cry


Te ne stavi lì, sotto un cartello in divieto di sosta, e neanche un vigile che ti desse una multa. Avevi la borsa della spesa piena di patate in un incrocio anonimo dove passano solo ambulanze. Nessuna rimozione forzata, solo permanente continua, tu che ti lavi sempre i capelli da sola. Pensavi a cosa mangiare per cena, e sorridevi alla cipolla che ti fa piangere ogni volta che le levi la camicia. Pioveva e ti sei nascosta, mentre gente correva per non inzupparsi la testa. Chissà dove cazzo volevi andare? Sei entrata in un bar e hai bevuto qualcosa di caldo, forse un te, nel vero senso della parola. Hai rubato delle bustine di zucchero di canna e hai pagato con una moneta. Quando sei uscita ti sei trovata indecisa. Non sapevi se seguire il flusso o andare controcorrente. Hai deciso di attraversare la strada. Un’ambulanza ti ha quasi investita e ha colpito la tua borsa della spesa mandando patate in giro per l’asfalto in discesa. Sei rimasta immobile dallo spavento e non ti sei più mossa. Pioveva forte e migliaia di sirene si misero a suonare l’urgenza.
- Tutto bene? – e ti ho dato la scossa.
- Eh?
Ti sei girata verso di me. Ti ho accompagnato verso il marciapiede e ti ho fatto sedere su una panchina. Sono andato a raccogliere le patate in strada e mi sono accorto che erano tutte schiacciate insieme al latte versato da due confezioni rotte. Sono tornato da te senza nulla in mano con in braccio la notte.
- Mi spiace.
- Volevo fare la purea.
- C’è mancato poco.
- Già!
E ti sei messa a piangere.
- Non piangere sul latte versato...
- No, io piango per le cipolle…
- Succede anche a me…
E ci siamo messi a ridere… e ci siamo raccontati un sacco di balle.


http://youtu.be/Y0jirlfhyz4

lunedì 8 dicembre 2014

Fare thee well


Quel giorno si alzò dalla panchina perché era il momento di farlo. Si aggiustò il cappotto, si strinse bene la sciarpa e si mise il cappello. Prese a camminare con un passo lento e con le mani in tasca. A quell’ora la gente dormiva, non c’era anima viva. Anche le strade se ne stavano in silenzio. L’unico rumore erano i suoi passi sulla ghiaia.
- Chissà… - pensò.
Si accorse che dietro c’erano tre tizi che camminavano con lui. Non si girò perché sapeva bene chi fossero e non volle spaventarli, dato che ogni volta che si girava, loro avevano la premura di scomparire. Erano fatti così, e lui rispettava quella scelta.
- Dove stai andando? – disse uno di loro.
- In giro!
- Non fare lo stronzo… - disse un altro.
Il venditore di incipit si accese una sigaretta.
- Ne volete una? – chiese.
- Non fumiamo!
- Già…
Il fumo prese la direzione del cielo mentre lui soffiava dal naso.
- Allora…
- Allora cosa?
- Che stai facendo?
- Una lunga passeggiata.
- Torni?
- Dipende.
- Da cosa?
- Dalla bella incantatrice.
- E chi sarebbe?
- Voi non potete capire.
Spense la sigaretta a terra e si diresse nella direzione giusta.


http://youtu.be/W4GyKTRduhs

venerdì 5 dicembre 2014

I tempi comici


Nel periodo tra l’infanzia e l’adolescenza non facevo altro che raccontare barzellette. Ne conoscevo a bizzeffe e a quanto pare sapevo raccontarle. Avevo, come si dice in gergo, i tempi comici. Stavo su frequenze libere e spensierate. Poi, un giorno diventai adulto. Non ricordo che giorno fosse, forse un lunedì, sì, perché i lunedì sono come il giorno dopo capodanno, quando la festa è finita e le trombette non suonano più. Da quel giorno smisi. Forse perché me le ero dimenticate in qualche cassetto della memoria che era affondato verso abissi profondi come un tesoro che affonda nel mare insieme alla nave.
- Hai figli?
- No!
- Perché?
- Forse ho avuto un po’ di paura.
- Paura di cosa?
- Dei tempi comici.