Mancava poco
alla mezzanotte. Quella mezzanotte. Quella che viene solo una volta all’anno.
Lei era
seduta con scarpette color blu notte e un vestito lungo pieno di stelle. Aveva
una mezzaluna tra i capelli e lo sguardo rivolto alle mani appoggiate sulle
gambe. L’avevo osservata per una mezzora e non aveva mai alzato la testa. La
musica era lenta in quel luogo di grandi finestre e di alti soffitti. I
lampadari ritti, assomigliavano a gocce d’acqua appese come lacrime ferme sulle
gote. C’erano dipinti di cacciagione, e le sedie, imbottite con schienali in
legno di querce, stavano in cerchio, come si stava da bambini quando ci si
teneva per mano, e girava il mondo, e girava la terra, e tutti giù per terra.
Al centro, innumerevoli coppie di ballerini danzavano strani passi, con
rotazioni armoniose, e i piedi, come serpenti, strusciavano polpacci. Andai
verso di lei come quando si cammina sui ghiacci e le scivolai dinnanzi
sfiorandole i ginocchi. - Balliamo?
Cambiò la posizione del suo sguardo, passò dalle sue mani ai miei occhi, e si toccò le labbra. Era in fase di studio, come un matematico davanti a un teorema senza le ipotesi.
- Sono un po’ rigida.
- Guido io.
- Bene. Non ho la patente…
La sua ironia mi fece scappare un sorriso che spalancò una finestra all’improvviso. Spostò le tende e l’attenzione. Un inserviente si affrettò a chiuderla, dato che il vento impetuoso aveva tutta l’intenzione di far piangere il lampadario. Le presi la mano e l’accompagnai dolcemente verso il vortice umano, fatto di incastri di gambe e di trottole. Stemmo molto vicini con le labbra e con le guance. Sembravamo due frutti: io la pesca e lei l’albicocca. Io respiravo dal naso mentre lei lo faceva con la bocca. Ebbi un piacere eccessivo tra le gambe mentre lei lo provava dietro le orecchie. Saltarono i nostri piedi insieme ai tappi di spumante.
- Giro.
- Gira.
E girammo.
- Casco.
- Casca.
E cascammo.
Così facemmo un danno al capo perché perdemmo la testa.
http://youtu.be/tX6H3RFpFnk
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