giovedì 30 aprile 2015

Susy

- Vorrei cose semplici.
Aveva esordito così. Proponeva una storia d’amore davanti a un succo di albicocche.
- Scusa se pongo queste condizioni.
Lui rimase con la tazzina di caffè a mezza altezza. Doveva decidere se bersela. Fece roteare il contenuto perché lo zucchero non si era ancora sciolto.
- Lo so, sono diretta!
Susy era fatta così, era come lo zucchero che si deposita. Se la volevi, dovevi raccoglierla col cucchiaino. Se la volevi, dovevi essere miscelato. Lui fece il solito rito e provò a leggere il futuro. Vide macchie sulle pareti come tende appese e spazi bianchi come speranze attese. Sul fondo vide un carillon.
Posò tutto quello che aveva in mano e le prese il viso.
Quelli che passarono di lì diedero uno sguardo.

sabato 25 aprile 2015

Insonnia

Ti guardi intorno e vedi una faccia che vorresti trovare accanto, appoggiata sul cuscino del tuo letto, a un palmo di naso, a respirarti sulla fronte la sua giornata appena trascorsa. Rimani sospeso e lei già dorme parlando con un altro. Chiudi gli occhi e sei sveglio. Non vuoi baciarla, figuriamoci amarla. Non puoi farlo, non ti è concesso. Lasci fare, qualcuno decide per te.
- Ci conosciamo?
- Non credo.
- Perché mi guardi?
- Soffro di insonnia.
- Svegliati!


domenica 19 aprile 2015

Film

Tu che stai due poltrone più avanti. Tu che sei seduta composta, a vedere un film da sola, in un cinema semivuoto, a lasciare che ti guardi la testa. Tu che fai finta, tu che non ti accorgi, io che non ti ho mai tolto gli occhi di dosso. Ci siamo io e te e qualcun altro, e non mi sono mosso. C’è una trama, guarda caso. Le solite cose. Il mio sguardo sulla tua nuca. Non ti girare, non saprei cosa dire. Sono solo entrato per osservare. Non spaventarti. Non sono come quei tizi che vorrebbero importunarti. Stavo andando a casa e poi ti ho visto entrare, non ho resistito; ho schiacciato il pedale e ho parcheggiato. Sono proprio matto, ho fatto il biglietto. Un signore me lo ha strappato. Voglio solo questo ricordo. Io sono il regista, tu sei la protagonista, conosci bene il tuo ruolo. Non lo avevo previsto. Non l’avevi previsto. Lo vediamo adesso. Passano i titoli di coda come passa veloce il tempo. Ti alzi e mi passi accanto, mentre cerchi qualcosa nella borsa. Sempre a rovistare state, sempre a cercare qualcosa che non trovate, mentre io ho le tasche vuote. Rimango con le mani in mano. Che ti dico se ti corro appresso. Lascio passare un minuto. Mi alzo, faccio qualche passo, sposto la tenda e tu sei ancora all’ingresso.
- Perdonami, non l’ho mai fatto! – quasi ti urlo.
- Cosa?
- Cambiare la storia.
- Ma lo hai visto il film? – mi chiedi nello spazio.
- Dall'inizio...

martedì 14 aprile 2015

Preda

Fece 800 km e si presentò a casa mia vestita di pioggia.
- Volevo vederti – così mi disse tutta bagnata.
Terry era fatta così, scappava da se stessa. Glielo disse il suo psicanalista. In realtà fuggiva dai suoi pensieri che erano diventati dei predatori immaginari. Le diedi un asciugamano e le dissi che non possedevo un phon.
- Non fa niente!
Si sedette sul divano e guardò i muri, il soffitto e gli angoli. Aveva i capelli biondi dritti come gli spaghetti.
- Scusami, ma è un periodo che sono troppo ferma.
Parlava come se fosse una persona che non sa fare una scelta.
- Beh, ora ti sei mossa abbastanza!
- Già!
Le feci un caffè e non dicemmo niente. Lasciammo che parlassero i cucchiaini che giravano lo zucchero e si appoggiavano ai piattini.
- Cosa ti ha spinto a fare tutta sta strada? – le chiesi mentre posavo nel lavandino le tazzine.
- Sono stanca dei lieti fine.
- Io vendo bruschi inizi.
- Allora sono nel posto giusto.
Poi, tornò a casa perché non voleva essere una preda.
- C'è qualcuno che mi aspetta!

giovedì 9 aprile 2015

Cane

Come un cane torni a casa. Conosci la strada a occhi chiusi. Una volta, molto tempo fa, i cani non guidavano le macchine: stavano in giro, nei cortili dei palazzi, dove i bambini giocavano a calcio sull’asfalto e le porte erano garage chiusi (Ricordo ancora adesso il rumore del pallone sulle lamiere). Oggi sei un randagio notturno, con i fari accesi e il volante in mano. La radio suona De Gregori. Ti sembra che dentro al cofano non ci sia il motore ma lui con la chitarra in m...ano. Sul cruscotto numeri a cazzo, lancette che si muovono comandate dal tuo piede sull’acceleratore. Sei quasi a casa e parcheggi al solito posto. Ti guardi indietro e la tua scia di anidride carbonica ha fatto il suo corso per la fine del mondo. Certe volte vorresti che tutto venisse stravolto, e che qualcuno si manifestasse e ci dicesse che cazzo ci facciamo in questo posto. Sali le scale e il cane della vicina ringhia come sempre tra le fessure della ringhiera, lui che passa la vita sul balcone. Entri, e ti viene voglia di abbaiare; poi decidi di scrivere, perché è l’unica cosa che hai voglia di fare.




mercoledì 8 aprile 2015

Voce interiore


- Come posso distinguere la voce interiore dell'ego da quella dell'anima?
- La voce dell'ego parla parla parla.
- E quella dell'anima?
- ...
- Ehi, è quella dell'anima?...
- ...
- Mi vuoi rispondere cazzo?


Accento

- Come posso uscire dalla gabbia dei se?
- Boh, prova a mettere un accento acuto sulla e.
- È?
- Quello è grave!

giovedì 2 aprile 2015

Eravamo due barche

Eravamo due barche attaccate al porto da una corda. Galleggiavamo nel comfort e ci facevamo cullare dalle onde del mare. Ogni tanto ci venivamo incontro, ogni tanto ci allontanavamo. Ci piaceva stare legate e non abbiamo mai rischiato di affondare. Un giorno di nuvole e sole arrivò un barcone e si mise accanto. Aveva una prua niente male ma la poppa era ancora migliore. Aveva un bel portamento e le sue vele assomigliavano a chiome di sirene spostate dal vento.
- Che bellezza!
Lui si girò e ci vide.
- Arrivo dalle isole Vergini e domani parto per le Azzorre.
Rimanemmo stupite e ci dicemmo qualcosa sottovoce.
- Da dove viene?
- Non lo so. Non so manco dove parte.
Eravamo affascinate ma al contempo impaurite. Noi da lì non ci eravamo mai staccate.
- Voi che fate di solito? – chiese il barcone.
- Galleggiamo – rispondemmo all’unisono.
Arrivò la notte e ci mettemmo a dormire. Sognai di stare al largo in mezzo al mare, e mi svegliai di soprassalto, come se avessi avuto un incubo. La mia compagna era ancora nel dormiveglia dato che aveva dimenticato di prendere il sonnifero. La mattina seguente il barcone partì, con quel suo modo di andare.
- Hai visto che sicurezza?
Eravamo due barche attaccate al porto da una corda. Galleggiavamo nel comfort e ci facevamo cullare dalle onde del mare. Ogni tanto ci venivamo incontro, ogni tanto ci allontanavamo. Ci piaceva stare legate e non abbiamo mai rischiato di affondare. Un giorno ci fu un vento di merda e tagliammo corda.


mercoledì 1 aprile 2015

Thelma e Louise

Rubarono la Land Rover del marito di Maryland – lei che preferiva che la si chiamasse Virginia – e partirono per Gardaland (che non era proprio la Virginia).
Erano due sorelle della Switzerland stufe del conformismo franco-italo-tedesco e del cioccolato. Decisero di lasciare mariti e figli per avventurarsi in un luogo di divertimento e di spensieratezza.
Quando passarono il confine, Maryland si mise a piangere.
- Vuoi che torniamo indietro? – disse Natascia al volante, voltandosi verso la sorella - che era inspiegabilmente seduta dietro - con la tipica espressione di attrice consumata, come nel film “Paris,Texas”.
- Ma no. È la congiuntivite!
In realtà era stata una canna (ecco perché era seduta dietro), che le era andata troppo in circolo nella testa. Maryland non aveva mai fumato in vita sua, quindi, decise di iniziare con qualcosa di potente, anche perché la destinazione non era la Virginia. Durante il viaggio cantarono a squarciagola “Lugano addio” canzone molto cara a Natascia, lei che preferiva che la si chiamasse Ginevra. Comunque, a loro, Lugano era diventata una città troppo stretta, come le scarpe a tacco alto di Cenerentole in pensione, loro che di invecchiare non se ne parlava proprio, dato che erano ancora molto desiderabili e graziose. Svaligiarono un paio di autogrill scappando con il bottino, composto da bevande iperproteiche, cibi confezionati e CD di Ivan Graziani. Arrivate a destinazione, e dopo alcune corse sulle montagne russe, si intrufolarono in un seminario di guaritori a distanza, per mandare fasci di luce ai loro famigliari, che erano sicuramente in pena per loro.
- Così si danno una calmata! – disse una di loro alla seconda canna fumata.
Dopo aver mangiato a sbaffo trote e lucci, in alcune osteria della zona, senza pagare il conto, vennero fermate dalla polizia e portate in questura. Chiesero i loro nomi, e risposero, senza tanti fronzoli, di essere Geena Davis e Susan Sarandom, tra l’ilarità di tutta la stazione di polizia. Furono cinque giorni esilaranti e liberi da ogni responsabilità. Quando tornarono a casa, dopo che i mariti pagarono la cauzione e i debiti accumulati, Geena disse testuali parole a Susan (Dato che, ormai, avevano preso in seria considerazione l’idea di cambiare identità).
- Che si fa a Pasqua?
- Una capatina a Disneyland?
- Preferisco i Paesi Bassi.
- Cioè?
- La Nederland.
- L’Oland?
Maryland e Natascia erano fatte così… erano fatte come Thelma e Louise.



https://youtu.be/S0bhd7SRx4Y