E poi capita così.
In un locale sperduto, ad ascoltare musiche impossibili, di
gente che arriva da oltre oceano. Musiche di sax e di batteria, di fiato e di
braccia sincronizzate da un unico cervello. Quattro emisferi in uno, ad
improvvisare, dove non capire è il senso.
E poi capita così,
ed entra lei, e fuori piove a dirotto. Capello verde in
testa come quei pescatori che sanno dove buttare l’amo: il verbo.
E ti ricordi che pescava in un cinema quando fuori nevicava
e dentro si sparava.
E ti ricordi che beveva vino in un tavolo di città e tu eri
lì a guardarla.
E ti ricordi che non ci avevi mai parlato.
E ti ricordi solo un “ciao”.
E poi capita così,
che ti dici qualcosa solo perché c’è qualcosa da dire.
Frasi qua e là senza senso come la musica intorno.
E poi capita così,
che lei si tocca i capelli e tu non sai più che pesci
prendere, perché sei tu che abbocchi come un pesce fuori dall’acqua.
E poi capita così,
e dimentichi il nome che era troppo semplice da dimenticare,
e lo confondi con un altro, che non era il fiore, quel fiore che è troppo
semplice da ricordare.
E poi capita così,
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