domenica 26 giugno 2016

Sasha

Era un bimbo piccolo piccolo che viveva in un luogo lontano lontano. Aveva trecento albe e trecento tramonti di vita visti da una grande finestra di un posto chiuso. Si chiamava Sasha. Sasha attendeva e attendeva, che cosa attendesse, lui non lo sapeva. Si presentarono in molti, ma per un motivo, che secondo loro era valido, si rifiutarono di sollevarlo dall’attesa. I dottori dicevano che Sasha aveva qualcosa che non andava, che avrebbe potuto avere problemi, che c’erano cose... che… bla bla bla… qualcosa a che fare con… bla bla bla. Un giorno si presentò una coppia venuta da lontano lontano. Lei vendeva semi e lui era l’addetto dell’acqua. Quello fra di loro non fu solo un matrimonio ma un connubio perfetto. Quando seppero dei bla bla bla, i loro occhi si spalancarono verso un futuro diverso dalle prospettive che si erano posti prima di partire. Decisero, comunque, di volerlo vedere, poi, avrebbero deciso cosa fare. Quando entrarono nella stanza, Sasha si girò verso di loro.
– Pa pa – disse.
Lui non resistette e andò a prenderselo tra le braccia. Lei rimase ferma e le venne l’istinto di uscire. Tornarono a casa, lui pieno come il mare e lei una piantina senza terra e senza radici. Lui avvio le pratiche e lei lo lasciò fare. Quel mese ci fu troppa acqua e pochi semi da spargere.
Quando tornarono, la seconda volta, nella stanza della grande finestra, Sasha era sempre lì con qualche alba e qualche tramonto in più. All’addetto dell’acqua venne subito l’istinto di andarlo a prendere, ma Sasha fece un piccolo gesto con la mano e lui obbedì come se avesse incontrato una diga nel suo percorso. Sasha guardò la venditrice di semi piegando la testa di lato. La finestra e la porta erano entrambe aperte e la corrente d’aria spostò le lunghe tende avanti e indietro come bianchi angeli appesi che vanno e che vengono. Rimasero lì. Si presero il tempo necessario per acconsentire a lei di metterlo al mondo. Quel giorno Sasha nacque per la seconda volta.
(Il venditore di incipit)


“Non ci vuole passione, ma compassione, capacità di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione.”
(L'idiota - Fedor Dostoevskij)



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