mercoledì 8 febbraio 2017

Don Augusto

Don Augusto era il prevosto di Bosco Valtravaglia, un paese tra le valli varesine non distante dal lago maggiore. Don Augusto era una persona molto socievole, divertente, spiritosa ma un po’ attaccata al denaro. Nulla di male, diamine, in quel periodo essere parsimoniosi era un dovere. Infatti la storia che sto per andare a raccontare, si ambienta nella seconda guerra mondiale. Don Augusto, avendo molta fede in Dio e vedendo ogni giorno lo sguardo smarrito delle sue pecorelle..., una domenica, durante un’omelia, promise che, se tutti gli uomini del paese partiti per il fronte fossero tornati a casa sani e salvi, avrebbe costruito una cappella in onore a Don Bosco. Benché i fedeli fossero molto devoti, sapevano che solo un miracolo avrebbe potuto riportare a casa tutti quanti. E il miracolo accadde. Si salvarono proprio tutti. Ma tutti tutti. Tutti quanti. Quindi, la domenica successiva al ritorno dell’ultimo superstite, la chiesa era gremita. C’era così tanta gente, che i soldati che erano tornati vivi, si sedettero sui gradini dell’altare per riconoscenza e per prendere la benedizione. Molti avevano le lacrime agli occhi, altri erano pieni di gioia. Il paese era unito, nessuna perdita, nessun figlio morto, nessun figlio orfano. Don Augusto fece il suo ingresso con i chierichetti, e iniziò la messa. Pregò, come in ogni cerimonia cattolica che si rispetti, di chiedere perdono dei propri peccati, di chiedere pietà al Signore, di professare con convinzione il “Credo”, di ascoltare con attenzione il Vangelo, di inginocchiarsi durante la cerimonia dell’ultima cena, di dire in coro “il Padre nostro”, di scambiarsi un segno di pace che ce n’era assolutamente bisogno, e di fare la comunione. Tutto si svolse come sempre, con cura e devozione, ma quella domenica la cura e la devozione era moltiplicata, perché tutti attendevano che venisse messa in pratica la promessa di Don Augusto, ovvero, di costruire la cappella in onore di Don Bosco. Lui fece il solito rito di ripulire il porta ostie in ottone, di piegare le stoffe bianche ricamate, e di bere il vino nel calice, che quel giorno era stranamente pieno fino all’orlo. Lo bevve tutto di un fiato e lo posò bruscamente sull’altare. Quindi, con gli occhi stralunati, si mise a osservare tutta quella gente che pendeva dalle sue labbra. Si prese il tempo necessario per lasciare che il vino entrasse in circolo in ogni vena del corpo, e si espresse:
– Cari fedeli… dovete sapere… – e gli scappò un piccolo rutto – dovete sapere… che un giorno… – e gli scoppiò sulla bocca una risatina – che un giorno… moriremo tutti… tutti… e forse anch’io.
La messa è finita, andate in pace.
– Rendiamo grazie a Dio.
La maggior parte della gente che partecipò a quella messa oggi riposa in pace assieme a Don Augusto nel cimitero del paese.
Ma se un paese si chiama già Bosco che bisogno c’era di una cappella.



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