venerdì 26 ottobre 2018

Ibiza

Alla fine degli anni ottanta quando ero un neopatentato, ogni volta che si invitava una donzella a uscire, la si portava in cremeria, luogo di tradizione, anche perché la cena era ancora troppo impegnativa per un ragazzotto sui vent’anni come me. Di solito ci si trovava tutti lì a coppie, a strafogarsi di affogati. Io prendevo sempre quello al whisky per dare un colpo salutare alla mia timidezza. La cosa interessante di quel periodo era, che noi maschietti, giravamo con lo stereo in mano, dato che i cellulari non erano ancora stati inventati e i ladri pullulavano nascosti nelle siepi dei parcheggi. Quindi, si andava in giro con queste autoradio pesanti almeno 4 kg – i più fortunati avevano il manico, io no. Chi possedeva un “pioneer” era un figo, chi possedeva un “Kenwood” era anche lui un figo, ma un po’ meno, io avevo un “Grundig” di seconda mano, già vintage in quel periodo. Ora immaginatevi una cremeria piena zeppa di autoradio sul tavolo e di coppiette che succhiano dalla cannuccia affogati di ogni gusto. Si parlava di oroscopi:
- Di che segno sei?
- Sagittario!
- Oh, no, troppo libertino, però meglio del capricorno.
E altri argomenti, come la propria squadra del cuore:
- Non mi dire che sei della Juve!
- Sì.
- Noooo!
Oppure, se Tom Cruise è meglio di Richard Gere, quando per noi maschi Claudia Schiffer le batteva tutte – a parte Edwige Fenech che non nominavamo per pudore.
Dopo aver pagato il conto – pagavamo sempre noi maschietti – ci si infilava in macchina e si inseriva lo stereo con una certa delicatezza, quasi a far notare a lei, facendo l’occhiolino, la cura che mettevamo a infilare questo marchingegno, come per dire:
- Vedi come sono bravo!
In quel periodo la mia cassetta in voga erano i Talking Heads, anche se non disdegnavo i Pink Floyd: musica troppo impegnativa, però a me piaceva. Sta di fatto che una sera, quella splendida giovinotta che mi stava accanto, chiese Sandy Marton, sbottonandosi la camicetta.  L’unica cosa che accumunava me e Sandy e pure la tizia, erano i capelli lunghi (sì, ci fu un periodo che mi pettinavo). Ebbi un sussulto, non volevo che la mia autoradio, ma soprattutto i miei woofer, potessero essere violentati da quel tizio che voleva andare ad Ibiza, ma lei mi persuase, tirando fuori la sua cassetta da discoteca, pregandomi di sostituirla, con tutta la sua capacità di seduzione, mettendo la bocca a forma di culo di gallina. La osservai con lo sguardo alla Terence Hill, un po’ Trinità e un po’ Don Matteo, giusto per mettere insieme il Selvaggio con il Rispettoso. Schiacciai la leva di espulsione e David Byrne si ritrovò nel sedile posteriore. Infilai la cassetta, misi in moto la macchina e ci dirigemmo verso il campo sportivo, luogo dove di giorno c’erano squadre che prendevano a calci una palla e di notte c’erano squadre che si prendevano e basta. Durante il tragitto con una mano guidavo, con l’altra stavo sul rewind cercando “People from Ibiza” e con la lingua limonavo duro avendo gli occhi sulla scollatura, tanto la macchina conosceva la strada. Arrivato a destinazione e parcheggiato tra una Ritmo e una Duna, ecco che partì il pezzo delirante e mi trovai tra le mani le montagne del Gran Paradiso sognando di andare nella calda Ibiza che stava a una quarantina di centimetri sotto.

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