venerdì 18 ottobre 2013

Ero lì


Ero lì con l’ombrello in mano sotto la pioggia, in una stazione senza sala d’aspetto, in attesa di un treno in anticipo tra rotaie arrugginite in controsenso.

Ero lì a camminare sotto la neve, ad ascoltare i miei passi ovattati dai fiocchi che si ficcavano nelle orecchie come cotone senza acqua ossigenata.

Ero lì straniero in un’isola popolata da giapponesi con la macchina fotografica al collo, e bambini che mi stavano intorno, ed io spaventapasseri in un luogo di soli pellicani.

Ero lì come un colpo sparato tra altri colpi, usciti da un mitra per andare al solito posto come spermatozoi che corrono senza senso, quando il senso lo capisci quarant’anni dopo, scoprendo di essere stato il più veloce.

Ero lì in un quadro, che andavo verso una barca, e dietro un sole in mezzo ad un guscio di uovo aperto in ristrutturazione, dipinto da un Salvatore come quello che camminava sull’acqua, ed io che volevo essere l’acqua per farlo affogare, solo per esclamare:”Ma che cosa volevi dimostrare?”

Ero lì a casa ad aspettare che mi suonassero il campanello David Byrne e Nick Cave come due testimoni di Geova, per convincermi a cantare con loro una preghiera dal titolo “Gloria” che non era in alto nei cieli ma al centro della terra.

Ero lì davanti alla porta del frigo aperta, senza più una birra da bere e una sigaretta in lontananza accesa che mi parlava:

- E quindi?

- E’ finita!

- Ma quando mi fumi?

- Devo andare a fare la spesa!

 

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