sabato 16 maggio 2015

Baldassarre il cigno

Era sicuramente uscito da un quadro del Modigliani. Era bianco col cuore nero. Si era impossessato di un territorio fatto di acqua, erba e altipiani. Era anarchico e solitario, ma soprattutto sincero. Aveva perso anni fa la sua compagna, dalla quale aveva sognato di farci un sacco di ballerine per Tchaikovsky; invece si ritrovò, come un vecchio attore di teatro, nella storia di Anton Checov, a fare l’indovino. Non sapeva volare, ma predisse la sua morte come quell’eroe acheo. Il suo tallone di Achille era il collo: quella lunga curvatura che assomigliava a un cuore spezzato.
Quel giorno, disse le uniche parole comprensibili dall’uomo:
- Qua!
E lì fu affogato.
Sembra che il tizio fosse un esperto di buchi nell’acqua. Sembra che il tizio fosse un disgraziato.
Aveva il becco arancione ed era un cigno. Si chiamava Baldassarre e viveva sul lago. Voleva solo stare lontano dalla gente e diventare leggenda come quel drago.
Ma sì, quel mostro che sta in Scozia, e che sbuca ogni tanto, come sbuca il coniglio dal cilindro di un mago.
Anni fa, lo vidi in mezzo alla strada, e non mi fece passare.
Si formò una coda fatta di animali di metallo.
Ricordo che allungasti il collo, che apristi le ali come un vigile urbano, e in cignese mi dicesti col tuo modo di fare:
- Cazzo vuoi, umano! Circolare!

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