domenica 11 ottobre 2015

Il reggiseno

- Passami il reggiseno.
Glielo diedi come se avessi tenuto tra le dita un marchingegno complicato. Infatti, smontare un reggiseno, per me, era come tentare di smontare un motore di un’astronave. Eppure erano solo un paio di gancetti, che io, come al solito, faticavo a slacciarli nel momento migliore. A volte avrei voluto nascere fabbro o qualcosa del genere. Lei, invece, mi fece vedere come fosse facile da agganciare; era talmente brava che lo faceva con le mani dietro la schiena. Sembrava una farfalla con le ali chiuse.
- Visto! È facile!
Mi stava prendendo per il culo. Si stava rivestendo piano. Lo faceva così bene che era meglio di uno spogliarello. Adoravo vederla tornare quella di prima, potevo di nuovo immaginarla.
- Vorrei restare a dormire da te… ma sai come sono… non metto radici.
Aveva detto tutto lei. Ogni volta che finivamo di fare l’amore, io non parlavo mai.
- Posso fumarmi una sigaretta sul balcone?
Non le dissi niente, e lei lo fece come se non lo avesse mai chiesto. Ma lei chiedeva sempre e io non rispondevo: chi tace acconsente o qualcosa del genere.
- Sei stato un diavolo a letto, stasera! – mi disse col fumo che entrava dalla finestra aperta. Le tende si muovevano e lasciavano entrare alcuni frammenti della sua ombra. Rientrò, prese la sua borsa, e se ne andò chiudendo piano la porta. Io rimasi a fissare il soffitto…
- Ma come cazzo si slacciano?

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