mercoledì 21 ottobre 2015

L'arciere


Prese bene la mira, mollò la corda e la freccia partì. Non prese alcun bersaglio e si conficcò a terra. Non aveva colpito alcun guerriero, malgrado fossero in migliaia a correre armati verso il suo castello. Prese lentamente un’altra freccia, la dispose correttamente nell’arco, mirò verso il sole e la fece sibilare. La traiettoria era sempre la stessa: semicircolare. La freccia non colpì nessuno neanche questa volta. Ne lanciò altre con la stessa cura, e il risultato fu sempre lo stesso: un buco per terra. L’arciere in questione era consapevole di non voler uccidere alcuno. La sua precisione era chirurgica; da ragazzo si allenava con gli uccelli migratori. Infatti, la prima volta che prese l’arco e le frecce, regalo del padre per il suo quattordicesimo compleanno, tentò di uccidere un uccello. Era un giorno di autunno, lui prese la via dei boschi. Appostatosi dietro una quercia, aspettò che centinaia di uccelli si mettessero a danzare nel cielo formando straordinari stormi. Quando li vide, prese la mira e scagliò la freccia nel cielo. Passò in mezzo a tutti i volatili andando a conficcarsi in una nuvola. Comprese immediatamente il suo talento: era un arciere fuori bersaglio. Era bravo a non colpire niente.
La guerra finì, il suo castello fu conquistato, lui venne catturato e poi lasciato libero per buona condotta.
Un giorno, sulla cima di una montagna, scagliò la sua ultima freccia che fece il giro del mondo. Attese un mese. Esattamente il trentunesimo giorno, la freccia cadde ai suoi piedi.
- Cosa hai visto?
- Frecce che andavano a bersaglio.
- E tu perché sei tornata?
- Per essere lanciata nell’universo!
Prese la freccia e gli diede il ben servito.
La freccia passò tutte le galassie e uscì dall’universo. Quello che osservò fu straordinario, infatti, vide il bersaglio.
- Finalmente! – disse.
E colpì in pieno l’infinito.


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