mercoledì 15 maggio 2013

Parigi


Bastò un attimo, pochi centimetri, e il tempo si prese una pausa.
La Senna scorreva alle nostre spalle mentre i nostri cappelli si toccavano prima che si toccassero le nostre labbra. Avevo un occhio rivolto al tuo orecchino di perla, sul padiglione destro, a ricordarmi Jan Vemeer, a due passi da noi, che preparava i colori con estro.
Se Tracy Chevalier fosse stata lì, avrebbe scritto un altro racconto, un racconto di te, distratta, da qualcosa che io non vedevo alle mie spalle.
Un racconto in bianco e nero di persone che si amano sorreggendo una bicicletta, tra le foglie sparse e artisti di strada che vivono del loro talento.
Io e te, che eravamo a pochi centimetri dal sapore di un bacio, che assorbiva l’aria, in una panchina ferma, che aspettava solo noi per sentirsi appoggiata.
Ricordo le mie dita sulle tue vertebre delicate che vibravano musica come un pianoforte al Clair de lune di Debussy.
Se fosse stato buio, avrei acceso i tre fiammiferi di Prévert, per illuminare la tua faccia.
Se fosse stato buio saremmo stati invisibili.
Parigi e molto ancora…
Parigi e tu…
E milioni di Déjà vu.
- Sei mai stato a Parigi?
- No, è la prima volta…
- Anche per me è la prima volta…
- Eppure…
- Eppure?
- Mi ricordi qualcosa…
- Cosa?
- Una fotografia…








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