venerdì 12 luglio 2013

Quelle senza tempo


C’era gente che suonava roba dei Rolling Stones, e c’era gente che ballava in piedi come pietre, mentre altre ballavano sedute come massi. Loro stavano lì accanto a me e poi davanti. Una aveva capelli d’oro ma non eccessivamente d’oro, l’altra aveva i capelli neri ma non eccessivamente neri. Erano sbucate da chissà dove, come fanno sempre: spariscono e poi compaiono, spariscono e poi compaiono, come quelle senza tempo. Forse le vedevo solo io e forse loro vedevano solo me. Bevevano un liquido verde, ordinano sempre quello, una specie di pozione magica di qualche loro stregoneria. La musica aleggiava nell’aria e loro non cantavano, loro incantavano. Rimasi con un pensiero strano nella testa, un tarlo immaginario, un’imprevista sensazione di coinvolgimento, per un attimo, ma solo per quel istante, avrei voluto fare un figlio con ciascuna di loro, in realtà due figli o qualcosa del genere. Erano complementari, una unica l’altra multipla, ed io non ci capivo un cazzo. Sta di fatto che la serata si chiuse con Bob Dylan che cantava “Series of Dreams” ... e mi svegliai... e gli orologi ripresero a girare.


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