mercoledì 9 dicembre 2015

La vera storia del "non scrittore"

Andava in giro dicendo di essere un buon “non-scrittore”.
Affermava che fosse in grado di far vedere una buona storia senza le parole.
- C’è sempre un gran bisogno di buone storie senza le parole! – così si esprimeva.
Per lui il rischio più grande era di scrivere una storia sbagliata, per poi vergognarsene. Aveva il timore dello choc del riconoscimento, o peggio, della critica.
- Io non riesco a scrivere tutto!
Questo era il suo limite. Non riusciva a catturare ogni cosa che le passava per la mente. Per lui le storie erano farfalle zigzaganti difficili da prendere, e solo una o due, tra centinaia, si posavano sul dorso delle sue mani, a raccontargli qualcosa che fosse simile al colore.
Già, ma quale? Il rosso? Il giallo? Il blu? Tutti insieme? Le solite cose!
A lui non piacevano gli aggettivi li riteneva ridondanti, e per di più non sopportava descrivere gli ambienti, tanto meno i dialoghi troppo lunghi, casomai era tentato ai linguaggi onomatopeici, ma non sapeva come scriverli.
- In una storia potresti scivolare – esclamava con forza – a volte è un tentativo di asciugare un pavimento con uno straccio bagnato senza mai strizzarlo, uno sforzo inutile. Meglio tenere aperta la porta e lasciar fare al sole – queste erano le sue parole.
La sua accuratezza nel non scrivere era maniacale. Poteva stare delle ore con le mani appoggiate sulla macchina da scrivere, e le dita sospese verso lettere che non sarebbero mai state battute, le quali non avrebbero riempito alcun foglio bianco perché non c’era neanche quello.
- Potrei rovinare la mia Olivetti lettera 22.
Infatti, per lui, solo dopo la Zeta che iniziavano le storie: la ventiduesima lettera, quella che le raccoglie tutte.
- Le parole sono solo lettere in disordine.
Diciamoci la verità, io questo “non scrittore” non l’ho mai capito, e come me anche altre persone. Sta di fatto che gira per le città del mondo raccontando sempre la stessa storia che non ha mai scritto, una buona storia, così lui la definisce.
- Ma dove vorresti andare?
- L’eccellenza è muoversi senza andare da nessuna parte.


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