martedì 15 dicembre 2015

L'estate sta finendo

Eravamo sul treno di ritorno da una vacanza in Toscana andata a puttane. Dovevamo starci due settimane. Invece, dopo due giorni, avevamo già esaurito le nostre speranze di continuare. Il primo giorno, Vincent e Daniel rischiarono di annegare con il loro stupido materassino gonfiabile. Non sapevano nuotare. Quel giorno le onde erano alte come Vincent, che superava di gran lunga i due metri… e i cento chili. Quando vennero ribaltati, Vincent acchiappò Daniel e lo fece diventare il suo nuovo materassino. Andarono a fondo. Il bagnino, che era lì vicino con il suo pattino, si buttò in acqua e lottò contro quella specie di Moby Dick di Vincent che teneva stretto Daniel tra le braccia. Il bagnino vinse la battaglia usando una tecnica efficace: guardò Vincent negli occhi e gli disse di NO con la testa, un NO molto convincente. Si salvarono tutti, ma Vincent, lasciato Daniel o quel che restava di lui, decise di andare a sbattere contro uno scoglio e di abbracciarlo. Si tagliò in ogni parte del corpo. Insanguinato, attraversò la spiaggia tra l’incredulità della gente. Quel cetaceo, trafitto da innumerevoli fiocine, andò verso la strada e fermò un’ambulanza che girava a cazzo:
- State cercando me… - urlò prendendo a pugni il parabrezza.
Nel chiosco nel frattempo suonava: “L’estate sta finendo”.
La sera arrivò un temporale spaventoso che ci ribaltò la tenda portandosela probabilmente in Corsica: nel luogo ideale dove nascono i camping. Spendemmo tutti i soldi per taxi e multe varie, perché Daniel si divertiva ad attraversare i binari della stazione ogni volta che un treno stava per arrivare. Si sentiva come Gesù Cristo, quindi, quella scossa di adrenalina del giorno prima, lo aveva talmente interdetto che un mese dopo si iscrisse a un corso di parapendio, lui che soffriva anche di una grave forma di vertigini che lo faceva vomitare già a quattro metri di altezza.
Su quel treno, io e Vincent conoscemmo Fernanda. Un’argentina di origini italiane che sarebbe scesa a Novi Ligure. Era simpatica e carina, e Vincent ci perse quasi la testa: l’unica cosa sana che gli era rimasta, dato che era tutto fasciato come una mummia. Quando lei gli chiese cosa si fosse fatto, lui rispose:
- Solo qualche graffio...
In realtà, su quel corpo si poteva fare un corso completo di cucito.
- Ho salvato sei bambini da una morte sicura! – disse dandomi una gomitata nello sterno.
- Davvero? – lei chiese a me con gli occhi di una che aveva appena visto Rambo.
- Sì, erano proprio sei – risposi col fiato corto.
Quando Fernanda arrivò a destinazione ci diede il suo indirizzo di Buenos Aires, dicendoci di scriverle perché ci aveva trovato simpatici.
Io non le ho mai scritto, anzi, non credo neanche di avere più quell’indirizzo.
L’altro giorno, dopo trent'anni, ho incontrato Vincent e le sue cicatrici. Era con sua moglie e ben sei bambini.
- Ciao Vincent, che fine ha fatto Daniel?
- L’ultima volta che l’ho visto, due anni fa, partiva per il Perù, voleva a tutti costi provare i funghi allucinogeni degli sciamani.
- È tornato?
- Non lo so, era sulla sedia a rotelle quando è partito.
L’ho guardato stupito.
- Non mi presenti tua moglie.
- Ah, sì, certo. Lei è Fernanda.

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