sabato 19 dicembre 2015

Santa Lucia

Mi sovviene all’improvviso un ricordo guardando i santi sul calendario, non che abbia la necessità incombente di fare auguri di buon onomastico a qualcuno, ma solo per ricordarmi di pagare le spese condominiali, purtroppo. Quindi, il mio sguardo si è posato al 13 dicembre, ovvero Santa Lucia. Il suo nome mi riporta indietro di 40 anni circa, quando ero nel periodo preadolescenziale ed ero magro come un chiodo. C’era sta tizia di nome Lucia, di un anno più vecchia di me, che viveva nel mio stresso palazzo e giocavamo sempre a pallone nel cortile sterrato. Il nostro gioco preferito era “porta a porta”: due garage, uno di fronte all’altro, a una distanza di una ventina di metri. Uno tirava e l’altra parava, e viceversa. In poche parole vinceva chi segnava prima una decina di goal. Lucia era una forza della natura, aveva muscoli solidi nelle gambe e due tette giganti che potevano anche prenderti a schiaffi, tirava delle “Punciunate” (questo è il termine che si usa in Piemonte per chi tira di punta) così potenti che il pallone prendeva strane traiettorie impossibili da parare. Un giorno la palla di gomma mi arrivò in faccia e mi fece fare un volo all’indietro come un birillo da bowling, spostandomi qualche vertebra cervicale e facendomi saltare l’ultimo dente da latte. (Tralascio di raccontarvi quelle innumerevoli volte che mi arrivò nei coglioni). Un giorno le citofonai per chiederle di giocare, lei mi rispose che c’era troppo vento e che era preoccupata per me perché pesavo più o meno come una foglia di castagno. Mi disse gracchiando:
- Vai a farti una sega che è meglio.
Sta di fatto che la partita più bella la facemmo un pomeriggio di agosto. Eravamo 9-9 e andammo ai vantaggi. Fu una partita interminabile, lei sudava come una foca in delirio mentre io barcollavo come un burattino di legno. La palla finì in strada, io corsi in piena adrenalina a raccoglierla velocemente. Un pullman inchiodò a venti centimetri dal mio naso, persi conoscenza e le mie innumerevoli ossa caddero a terra come i bastoncini dello Shangai. Lei bussò alla porta del pullman, si fece aprire, salì e strinse la mano all’autista, poi scese. Mi raccolse delicatamente come un angelo e mi disse:
- Sempre puntuale la Satti.
Ora so che Santa Lucia non c’è più da qualche anno, qualcosa se l’è portata in cielo, ricordo con molta tenerezza una sua considerazione di me:
- Metti su qualche chilo, ragazzo.
A proposito, la partita finì 32-30 per lei, con una sua “Punciunata” che finì all’incrocio dei pali. Dovevate vederla, era felice come una Pasqua, con le braccia verso il cielo ad esultare e a prendermi per il culo facendomi il gesto dell'ombrello.

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