martedì 15 novembre 2016

Viaggio al termine dell'incipit (10)


Ti ho cercata tra le formiche nelle cortecce di tronchi d’alberi maestri, svenuti silenziosamente nella foresta, i quali ostacolavano sentieri poco battuti, per impedire di essere asfaltati. Mi sei salita sulla mano tra le linee ramificate del palmo e le escoriazioni causate dai rovi. Ci hai girato intorno, facendo finta di niente, e ti sei infilata nel tunnel della manica a seguire il tracciato irregolare di una vena appariscente. Sei salita sostenendo una briciola di speranza, e ti ho perduta tra il gomito e la schiena. Potevo ucciderti!
Ti ho cercata alzando lo sguardo verso l’alto, tra sciami di api che entravano e uscivano da arnie appese ai rami di salici piangenti di miele. Le gocce erano lacrime dolci che scendevano sulle mie gote, trampolini di lancio per il mio labbro inferiore, un bordo morbido sul dirupo dell’amore. Le mie papille gustative riconoscevano il tuo gusto mentre mi ronzavi nelle orecchie. Le tue frequenze vibravano tra i lobi e le meningi, ed io ho chiuso gli occhi per paura di vederti. Tu eri la regina e mi puntavi il pungiglione come una spada.
In guardia! Potevi ucciderti!
Ti ho cercata negli stagni tra gli innumerevoli girini che sarebbero diventati rane gracidanti con quel sottomento che si gonfia al ritmo di un cuore aperto estratto dallo sterno da un abile chirurgo. Oppure un rospo in attesa di essere baciato dalla fortuna di trasformarsi in un principe per svegliare una bella addormentata nel bosco. Ma quei girini sarebbero diventati coccodrilli, svelti e affamati, pronti per azzannare qualsiasi cosa che si fosse mossa. L’istinto primordiale del cervello antico, attaccare per non diventare una borsa.
Potevi uccidermi!
Ti ho cercata tra le lumache chiuse in casa e quelle fuori che erano esche per pesci pronti ad abboccare o larve in procinto a diventare farfalle. Si vive poco a volare colorate o ad annegare appesi a un filo, meglio ognuno chiuso, nel suo guscio, a rotolare quando il vento ce lo concede o un serpente che ci dà una spinta mentre striscia tra le cortecce dove c’erano prima le formiche. Sono seduto qua sul tronco dell’albero maestro. Ho raccolto le ragnatele con la faccia e con tutto il resto, se non mi dici dove nascondi ciò che coltivi, potrei uccidere questo serpente sospettoso, che non ha ancora deciso se mordermi o stringermi, perché, in realtà, non sa di essere velenoso.
continua...



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