mercoledì 23 novembre 2016

Viaggio al termine dell'incipit (12)

Il sistema binario ha due simboli: 0 e 1. Assenza di tensione, presenza di tensione. Nulla e tutto. La memoria chiusa in gabbia, la velocità delle sinapsi, l’elaborazione della realtà. Conflitto e guarigione. Gioia e dolore. Zero è il matto, l’uno è il mago. Follia e magia. Potrei andare avanti così, ma cammino a fianco del treno che deve ancora passare a dividere il bene dal male. La verità è che non so cosa sia un sistema binario. Non so cosa sia un sistema. Penso al verbo, ai giochi sparsi sul pavimento e a mia madre. Entro nella folta vegetazione del Machu Picchu, avanzo con passo regolare, respiro l’odore misterioso del luogo, in questa retta via del binario di un treno che non è ancora passato. Il presente è il mio movimento, l’universo è parallelo. Per assurdo questo viaggio assomiglia a un viaggio di lavoro. Scavo l’aria, la sposto, produco vento alle mie spalle dove qualcuno scatta una foto. Mi giro e non c’è nessuno. Ci devi pensare due volte quando sei chiuso nel binario vuoto! L’equilibrista sta sempre sulla rotaia ad aspettare il treno per scendere e non farsi investire. Passare dall’altra parte, cambiare idea, considerare la vulnerabilità per contrastare la coerenza. Mi emoziono per nulla, basta una scossa elettrica partita da chissà dove, alimentata da un interruttore presente nel mio sistema cerebrale. Sistema le tue cose, diceva mia madre. Fare ordine, mettere in disordine. Spargere vecchi ricordi come sfogliare vecchi diari di scuola al cui interno venivano scritte note da far firmare ai genitori. Il ragazzo non si applica, è un chiacchierone e non ha portato la ricerca per ben 4 volte. Gliela porto adesso maestra? A stento sufficiente, quasi sufficiente, appena sufficiente. Giudizi. Mai discreto perché non lo sono mai stato e non lo sono neanche adesso. Buono e ottimo lo abbino solo al cibo, distinto lo divido con l’apostrofo. Bastava un sei per essere, un sufficiente per galleggiare. Ora sono libero di salutare tutta la brava gente. Non so cosa sia un sistema binario, il treno sta arrivando. Mi passa accanto lento. Guardo le facce appoggiate ai finestrini, assomigliano a tutti i miei insegnanti. Non ho più bisogno di maestri.
- Hola chico!
La voce vibra e mi attraversa la pelle, smonta il binario e mi scaraventa nel sistema infinito. È lei che mi ha deragliato, la ragazza vestita di gelsomini mi sventola un foulard d’innumerevoli colori verdi. Inizio a correre per provare a salire dall’ultima carrozza, ma il treno è più veloce e io sono a stento sufficiente. Mi lascio cadere a terra, mi lascio andare alla speranza, e il foulard di foglie verdi si posa sulla mia faccia.

continua...

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