giovedì 8 dicembre 2016

Giulia


Lascio a voi le mie scarpe, le lascio perché le vediate. Osservatele bene: sembrano abbandonate. Quindi, io dovrei essere quella che scatta la foto a piedi nudi sull’erba. Invece sono lì, solo che sono trasparente come l’aria. No, non mi sto rendendo invisibile, voglio solo che m’immaginiate: ognuno con il proprio sentire, ognuno con le proprie credenze. Mi sono guardata dentro, sapete, così tante volte da scomparire. Le scarpe… sono infilate. Non vedete che danzo dalla testa alle caviglie?! Una gamba dritta e l’altra arcuata, le braccia libere di disegnare, la testa in bilico pronta a cadere. No, non lo vedete, non lo vedono neanche i miei occhi… non ci sono specchi. Or dunque, chi sono? La risposta cambia continuamente… diamine, gente! non esistono certezze e manco verità tutte intere. Ogni mio passo, con queste scarpe, passo dal plurale al singolare. Ti ho scelto. Sì, proprio tu che stai leggendo. Guarda le mie scarpe mi hanno portato tra le montagne e l’acqua corrente. Guardale bene: sono le protagoniste.
Giulia è il mio nome. Giulia per girarsi. Giulia un indirizzo, una cartolina spedita, un numero nell’elenco telefonico. C’è una cosa che ti voglio dire, spedita come un sms, e te lo voglio precisare: quando incontro te tendo a scordare il tuo nome… e pure il mio. Vuoi sapere il motivo? Se parlo con te e condividiamo questa veloce esperienza, in questa conversazione leggera come l’aria, diventiamo inevitabilmente parte integrante della trasparenza. Per forza, santi numi! per sentire ogni briciola, ogni granello, ogni microbo che compone interamente tutta l’esistenza.


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