In questa specie di semisogno che mi consente di osservare
il disegno della montagna, tanto bizzarro, tanto realisticamente a forma di
fantasmi, tutto l’essere mio risponde al dettaglio, di un ambiente di cui mai
prima di adesso avevo presente; quella cosa che io potrei chiamare me medesimo,
si fonde con le figure misteriose delle vette. E quanto più sostanziale, quanto
più solido diventa il nocciolo di me medesimo, tanto più stravagante diventa la
realtà vicina che mi sta sovrastando. Lo stato di tensione si è disegnato così
sottilmente che l’introduzione di una sola particella estranea potrebbe
sconquassare ogni cosa. In una frazione di secondo sto provando quella estrema
chiarezza della conoscenza, ovvero, perdere completamente l’illusione del tempo
e dello spazio: il mondo spiega il suo dramma simultaneamente, lungo un
meridiano. In quella specie di eternità, arrischiata come in punta al grilletto
più sensibile di una pistola, sento che ogni cosa ha la sua giustificazione, la
sua giustificazione suprema: sento le guerre, i delitti, la miseria. Sul
meridiano del tempo non c’è ingiustizia, ma l’illusione della verità e del
dramma. Trovandomi faccia a faccia con l’assoluto, mi avvolgo nel miracolo di
essere pronto a guadare il fiume della vita, per sopportare l’umiliazione e lo
sfacelo. Soltanto idee pallide. E così io penso che miracolo sarebbe se questo
miracolo che l’uomo aspetta in eterno si dimostrasse di essere solo queste
immobili vette che sembrano fantasmi, perché il miracolo sarebbe il sogno di
immaginare qualsiasi possibilità che nessuno ha mai immaginato e che
probabilmente non immaginerà mai più. Per settimane e mesi, per anni, anzi per
tutta la vita, io ho atteso che qualcosa succedesse, un evento intrinseco che
alterasse la mia vita, e ora all’improvviso, ispirato dall’assoluta
disperazione di ogni cosa, mi sento sollevato, come se mi avessero tolto dalle
spalle un grande peso. Lasciarmi andare, non fare la minima resistenza al
destino, in qualsiasi forma si presenti. Nulla è andato distrutto solo le mie
illusioni. Sono intatto. Il mondo è intatto. Ai limiti estremi del mio essere
spirituale ho ritrovato me stesso, nudo come un selvaggio. Se vivere è il
meglio che ci sia allora divento una belva. Finora ho accettato di salvare la
mia pellaccia preziosa, ne ho abbastanza, ho raggiunti i limiti della
sopportazione, non posso ritrarmi più indietro, il passato è morto. Se c’è
qualcosa rimasto alle mie spalle, dovrà scomparire ogni volta che mi giro. Sono
vivo. Il mondo da cui mi sono staccato è un serraglio. Erompe l’alba del nuevo
sol, ho superato la giungla, il buio, gli spiriti con gli artigli aguzzi, e
sono pronto per azzannare con determinazione i miei inizi.
Solange, ho ancora la tua pallottola nel mio corpo…
Continua…
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