Antofagasta, Lat 23°26'35''S
Come un
piccione viaggiatore sono venuto qui per ricevere un messaggio e volare via
sulla strada del ritorno, invece mi ritrovo qui al termine dell’inizio come
Colombo, per confondere le Indie con le Americhe, per confondere le nuvole
nelle pozzanghere. In questo solstizio d’estate, oggi sono precisamente sul
punto esatto delle mie ricerche. Inutile tentare di spiegare la vita, ogni
frase è zoppicante, è una ruota di un carro che sta per saltare: più si è in
pericolo, più i cavalli imbizzarriti con i paraocchi corrono per scongiurare la
morte. Eppure, io sono sveglio, cammino come un fantasma terrorizzato
dall’evento. Il sole sta per arrivare nella sua perfetta verticale. La mia
testa rivolta al cielo per levarmi dalla mente lo scarto che c’è fra le idee e
la forza vitale. Tutte le particelle del mio corpo sono in attesa come soldati
in trincea pronti per l’assalto finale. Ma qui sono all’inizio e il tempo si
muove disordinato. Il nuevo sol è questo: è la nascita, la salvezza, l’avvento,
dall’altra parte del mondo è il giorno più buio dell’anno. Sono prossimo al
miracolo, l’astro incandescente sta per giungere sulla mia testa, manderà i
suoi raggi come frecce scoccate dai castelli in aria, quelli da me costruiti
per difendermi dalle invasioni boicottanti delle mie percezioni innocenti. Ogni
giorno della mia vita mi sono focalizzato inutilmente su come tirare avanti.
Mai ho pensato ha buttare acqua sul fuoco, mai ho pensato alle molteplici
abilità nascoste, agli spazi di movimento, alle cime da scalare e alle discese
sulla neve. Mai ho pensato a prendermi il tempo e metterlo in tasca: un
fazzoletto bianco per asciugarmi il sudore, un fazzoletto bianco da sventolare.
Mi manca il fiato, respiro male. Che fatica questo sole lento. La mia ombra si
ritira mestamente e viene verso di me, giusto per sprofondare sotto ai miei
piedi fino al centro del mondo. Manca pochissimo e mi assale una tristezza,
un’altra invasione. Abbasso la testa e l’ombra è sparita. Il sole è
perfettamente allineato a me. Io e il sole. Una spada calda mi trafigge e mi
attraversa dalla testa fino al perineo e mi pianta in terra come uno spillo in
una farfalla da collezione, che vidi anni fa nella villa Meleto di Guido
Gozzano: “Signora felicita m’apparisti così come in un cantico del Prati,
lacrimante l’abbandono per l’isole perdute nell’Atlantico; ed io fui l’uomo d’altri
tempi, un buono sentimentale giovine romantico. Quello che fingo d’essere e non
sono!” Viaggio velocemente in tutte le mie vite vissute come un lepidottero
sfuggito da un entomologo distratto a cercare un ago in un pagliaio. Inizio a
tremare come un diapason impazzito alla velocità della luce: onde sonore,
frequenze che cambiano il corso della materia, e tutto diventa gassoso e
vibrante. Una nebulosa di fumo si espande, contiene colori accesi mai
conosciuti, si uniscono e ne formano altri. In questo turbinio di emozioni apro
gli occhi, senza sapere se li avevo veramente chiusi, e Solange è ad un palmo
di naso. Mi bacia con delicatezza ed entra nel mio corpo e io nel suo. Concime
vivo come se tutto l’amore e la compassione del mondo venisse coltivata in
quell’abbraccio invisibile, giorno per giorno, in quel senso di benessere che
vorrei tenere per sempre. Eccola, la infinitezza del vuoto, un lampo di meteora
sull’orlo di un mondo perduto. Un sudore cola giù insieme alle lacrime per quel
desiderio sopraggiunto che nessuno conosce e che nessuno sarebbe mai in grado
di comprendere. Ci affogo in questa benedizione e tutte le cose perdono il loro
nome e il loro valore. Cala il silenzio nel silenzio, l’incipit dev’essere
nell’ombelico: il giorno del cordone tagliato. Il distaccamento della navicella
lasciata libera nello spazio, un satellite per far rimbalzare le onde come una
racchetta da ping pong e il mondo attaccato a un filo, il mondo che ritorna
sempre ogni volta che desideri, ogni volta che la tua anima vorrebbe ripetere
questa esperienza incredibile. Ritorna l’ombra, ritorna tutto e tra pochi
giorni è Natale.
continua...
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