lunedì 9 dicembre 2013

Il tuo corpo

Sono al ciglio del tuo occhio, quello sinistro, quello poco chiaro.
Saltello sul trampolino prima del tuffo e mi lancio sfiorandoti il naso.
A testa in giù mi poso sul labbro e rotolo, accolto da un morbido materasso in cui mi sdraio.
Vedo pareti bianche innevate e una gola tra montagne al contrario.
Sento l’eco del mio nome, mentre una lingua umida di vento mi scaraventa sul seno e rimbalzo sull’altro.
Un tamburo batte e perdo l’equilibrio scivolando nell’insenatura attraversando il plesso fino all’ombelico.
Mi aggrappo ascoltando il tuo stomaco affamato nel rifugio del mio letargo.
Dormo un sonno leggero e poi mi sveglio da un respiro impetuoso e beffardo.
Mi affaccio osservando in fondo dove cresce il cespuglio, desiderando di scendere dolcemente ma non azzardo.
Decido di spostarmi verso la roccia che sporge dell’osso sacro, dove prego di non cadere ai tuoi piedi per non sentirmi decaduto.
Cammino lentamente sul tuo fianco nel sentiero sopra al gluteo a strapiombo.
Le mie mani sulla parete e la mia testa in alto, perché soffro di vertigini, perché non oso guardare in basso.
Arrivo finalmente alla colonna vertebrale e risalgo, come una tigre mai doma, fino ad arrivare a sbattere la faccia sulle liane smarrite della tua chioma.
Mi addentro nella grotta e supero la cascata asciutta, trovando un’amaca che mi aspetta, tra i due emisferi della testa.
Mi lascio dondolare dai nodi di un’altalena come un pendolo che scandisce il tempo con la vita.
Non so cosa sia cullarsi tra i profumi mischiati della tua pelle, che sono bucce di limoni e di aranci abbracciati a petali di calle.
Riconosco che questo è il tuo corpo e le tue zone umide, anche se non mi sono ancora addentrato nei cunicoli delle orecchie per non trovarmi tra il martello e l’incudine.
Ma un suono innocuo mi fa fare un gesto, allungo la mano, tocco il tasto giusto, chiudo gli occhi, e resto.

- Hai dormito bene?
- Come un sasso!

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