martedì 22 aprile 2014

Isola


Non avevo sentore di quanto avessi camminato, perché di solito non ho l’abitudine di contare i miei passi. Avevo attraversato foreste e fiumi assieme a giorni e notti. I miei piedi erano gonfi con grossi calli e le scarpe avevano le suole consumate. Mi fermai lì, nello spazio di un prato eterno. Il sole sorrideva alto e le nuvole non piangevano. C’era un silenzio profondo e anche il mio respiro non intendeva disturbare la quiete intorno. Nessun pensiero era presente e il vento era come uno scolaro assente all’appello. Quanto tempo era passato? Quanta vita avevo trascorso? Ricordavo il giorno che ero partito ma avevo dimenticato il percorso. Sapevo che dovevo farlo ma non sapevo cosa mi stava aspettando. Sentii due mani delicate che mi toccarono le spalle e un soffio caldo sulla nuca. Un profumo dolce di macedonia entrò nelle mie narici, e pensai di aver dato frutto finalmente alla mia vita. Una voce femminile mi chiese di chiudere gli occhi, e io lo feci con naturalezza, senza pensare a un ordine costituito. Le mie labbra furono bagnate dalle sue, e tremarono intimorite, da quel morbido cotone di marzapane impregnato dal succo di mandorle appena raccolte. Quando aprii gli occhi lei non c’era ma il gusto per fortuna era rimasto. Mi misi a correre verso il nulla e mi trovai improvvisamente tra le sue braccia. Ci rotolammo sull’erba senza che riuscissi a scorgere il suo volto. Aveva una pelle bianca e i suoi indumenti erano solamente i suoi capelli lungi di un colore chiaroscuro. Ero abbandonato su di lei, arreso alla sua natura. Quando spostò la sua lunga frangia e mi donò il suo viso, rimasi a contemplarla a bocca aperta. Lei era la mia vita, la mia unica bellezza.
- Chi sei? – chiesi ingenuamente.
- La tua isola segreta.

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