martedì 8 aprile 2014

La grande invasione


Parlo con uno che mi assomiglia. Parlo sempre con lui sulle panchine. A volte leggiamo qualcosa giusto per soddisfare il cuore. Ci sono delle piccole differenze fra noi, roba di poco conto, piccoli particolari fisici e di indumenti: lui ha le maniche e si pettina al mattino – oddio, forse, mi viene da pensare, - io no, ed è l’unica eccezione. Sullo sfondo grattacieli a far sorgere qualcosa di nuovo, come questa città che non ha nessuna intenzione di invecchiare. Braccia di cemento verso l’alto in cerca di Dio o qualcos’altro, e ne mancano due: mozzate da qualcuno perché grattavano troppo il cielo al mattino. Siamo qui a parlare del più e del meno, o qualcosa del genere o cazzate varie. Stiamo organizzando qualcosa senza sapere bene cosa, e ci piace farlo qui, perché è qui che volano le idee.
- È buffo sai?
- Cosa?
- Non ricordo il tuo nome.
- Vattelapesca.
E non possiamo che ridere alla città che abbiamo di fronte e alla sua gente migliore. Non vogliamo raccontare mai niente a nessuno perché, se lo facciamo, finisce che poi sentiamo la mancanza di tutti.
- Senti…
- Dimmi…
- Si può sapere dove cazzo vanno ste anatre?
- Alla grande invasione.


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