Parlo
con uno che mi assomiglia. Parlo sempre con lui sulle panchine. A volte
leggiamo qualcosa giusto per soddisfare il cuore. Ci sono delle piccole
differenze fra noi, roba di poco conto, piccoli particolari fisici e di
indumenti: lui ha le maniche e si pettina al mattino – oddio, forse, mi viene
da pensare, - io no, ed è l’unica eccezione. Sullo sfondo grattacieli a far sorgere
qualcosa di nuovo, come questa città che non ha nessuna intenzione di
invecchiare. Braccia di cemento verso l’alto in cerca di Dio o qualcos’altro, e
ne mancano due: mozzate da qualcuno perché grattavano troppo il cielo al
mattino. Siamo qui a parlare del più e del meno, o qualcosa del genere o
cazzate varie. Stiamo organizzando qualcosa senza sapere bene cosa, e ci piace
farlo qui, perché è qui che volano le idee.
-
È buffo sai?- Cosa?
- Non ricordo il tuo nome.
- Vattelapesca.
E non possiamo che ridere alla città che abbiamo di fronte e alla sua gente migliore. Non vogliamo raccontare mai niente a nessuno perché, se lo facciamo, finisce che poi sentiamo la mancanza di tutti.
- Senti…
- Dimmi…
- Si può sapere dove cazzo vanno ste anatre?
- Alla grande invasione.
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