Vidi
un re sul trono. Una ragazza con due anfore piene d’acqua a cambiare il corso
del fiume. Un condottiero sulla biga, a reggere la briglia di cavalli impazziti,
e intorno il mondo nudo che suonava una tromba senza le dita. Un contadino in
lontananza con una falce fienaia spezzava le gambe all’erba, e ogni tanto con
una pietra, limava la lama sputandoci sopra. Assomigliavano a carte di tarocchi
sparse sul tavolo o su una tela. Ero in viaggio, verso l’azione nel mondo, in
un cambiamento totale, a trovare il posto dove dominare ogni timore. Quelle
persone ero io, che tentavo di scoprire quale fosse il metodo per rinascere.
Mancava un angelo o la guarigione, ma forse mi stava alle spalle. Quanta vita
avevo respirato, quanti movimenti avevano fatto le mie ossa, quanto sangue
avevo sostituito nelle vene e quanti battiti del cuore avevano tolto il marcio
col sudore. Presi un fazzoletto dalla tasca e lo passai sulla fronte, e
continuai a tagliare il prato come se nulla fosse.
-
Ehi tu! – disse una voce.- Dici a me? – risposi guardandomi intorno.
- Lo sai cosa tieni in mano?
- I calli.
- Parlavo dell’arnese.
- Ci sputo sopra.
- Ecco, bravo, è quello che ci vuole.
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