giovedì 12 giugno 2014

Il Gran Paradiso


Andai al Gran Paradiso perché il Paradiso non mi bastava. Iniziai la salita nella selva oscura, piano piano, con giudizio, un passo alla volta. Trovai un cartello che indicava il vallone del Roc e non m’importava se mancava una kappa alla fine. Poi vidi un altro cartello che indicò anche un Gran Piano, e pensai che forse in quei luoghi si facesse della buona musica elettrica e sinfonica, o viceversa. Trovai, durante il cammino, chiazze di fiori gialli sulla pelle della montagna, sembravano dei puntini sparsi, mi guardai intorno e non vidi dermatologi pericolosi che prescrivevano pomate al cortisone. Quando arrivai in cima vidi l’inverosimile nel vallone del Roc-k. Jimi Hendrix accordava una chitarra sulle note di “Foxy lady” con una canna in bocca. Lou Reed era fermo nella posizione numero otto del Thai chi – così mi disse lui in seguito – con una canna in bocca e Wallace teneva in mano un libro di Julio Cortazar e pescava sulla rive di un torrente dove John Lennon era intento a surfare controcorrente come i salmoni, anche loro con le canne in bocca: John, Wallace e i salmoni. In lontananza, nel Gran Piano, vidi un uomo che suonava una musica soave col pianoforte e una canna in bocca. Quando Jimi mi vide esclamò:
- Ciao Straniero, come butta?
- Insomma! – risposi.
- Vuoi fare un tiro?
- No, grazie ho già problemi di deambulazione.
Jimi scosse la testa e si rivolse a Lou.
- Ehi, amico! Ma tu l’hai mai sentito “deambulazione?”
- No! Ma credo si riferisca al camminare o qualcosa del genere.
- Dovremmo scriverci una canzone con il verbo “Deambulare” che ne dici?
- Figo! Potrei rifare la canzone:”Deambulare on the wild side”
E risero come due cavalli.
Mi avvicinai a John per capire come facesse a stare sul surf controcorrente, Wallace mi spiegò che Gesù Cristo gli aveva appena dato lo stupidario per camminare sull’acqua. Quando andai dal pianista, mi avvicinai, e senza toccarlo gli dissi:
- Sei bravo!
Wallace allora mi urlò a squarciagola:
- Non ci sente, quello, amico!
Certo che per essere sordo suonava da Dio, pensai.
Da una caverna uscì Janis Joplin che gracchiò ad alta voce:
- A tavola!
Arrivava un ottimo profumo di selvaggina, e dato che ero il più vicino, entrai per primo. Vidi Janis e Whitney Houston che litigavano come due ossesse:
- Senti, fottuta ubriacona, quante volte ti ho detto di non mettere il pepe.
- Ma pensa per te, tossica del cazzo, che metti il rosmarino.
Quando arrivarono tutti, le divisero, dato che si stavano quasi per mettersi le mani addosso.
- Ma chi ce l’ha mandata questa? – chiese Janis – ha sempre fatto solo musica di merda.
Ma John con quella calma divina disse:
- Senti, a Dio piace, punto.
Rosicchiammo in silenzio tutto quel ben di Dio, quando Jimi, col cibo ancora in bocca e il calice di vino in mano, mi chiese:
- Ma chi saresti tu?
- Il venditore di incipit.
- Ah! – risposero tutti all’unisono e ripresero a mangiare e bere.
Dopo cinque minuti Lou interruppe il ruminare collettivo facendo una considerazione e poi una domanda delle sue:
- Deve essere figo, sta roba qua, no Wallace?
Wallace staccò l’ultimo pezzo di carne dall’osso e rispose senza tanti fronzoli.
- Ascolta Lou, è merda! Credimi, solo merda.
- Perché? – incalzò ancora Lou.
- Perché, perché, perché… - disse alzando gli occhi al cielo, poi rivolgendosi a me mi domandò:
- Dimmi un po’ ragazzo, sarai mica uno di quelli sfigati che scrivono storielle brevi su facebook?
- Beh, sì…
- E poi ti aspetti che un sacco di gente ti metta un “mi piace”?
- Beh, oddio, sì…
- Vedi Lou, è solo merda! Ma ti pagano?
- Beh, no…
- Senti bello, perché non te ne vai a fare in culo.
John intervenne a calmare gli animi e le anime, e chiese, giusto per cambiare discorso:
- E Beethoven?
- Se non lo andate a prendere… grandissime teste di cazzo! – gracchiò ancora Janis.
Chiesi cortesemente se potevo andare io a chiamarlo, e tutti risposero all’unisono così:
- Bravo!
Quando arrivai Ludwig suonava così bene che mi sentii sollevato da terra e nel cuore. Lo presi sottobraccio e lui non fece una piega. Gli chiesi per tre volte se lui fosse veramente Beethoven e lui mi rispose per tre volte: “Eh?”.
Me ne andai nel pomeriggio, dato che dormivano tutti. Wallace fu l’unico ad alzare un dito medio verso di me, nel dormiveglia, come un semplice saluto, e esclamò:
- Dai che magari ti chiedo l’amicizia su facebook e ti metto anche io “mi piace” sulla tua merda.
- Sarebbe un onore!
- Ma va a cagare va!
Uscii lentamente per non disturbare e scesi dall’altra parte della vallata. Arrivai in un paesino di case in pietra e vidi il cartello con su scritto “Macondo”. Questa città mi ricordava qualcosa, soprattutto perché non c’era il cimitero. Mi scambiarono per uno zingaro e quando mi chiesero cosa facessi, io risposi come al solito:” venditore di incipit”. Dopo alcuni minuti arrivò di corsa un tizio che poteva sembrare il capo villaggio, con accanto una donna che poteva sembrare sua moglie. Si presentarono come José Arcadio Buendia e Ursula. Lui era al settimo cielo. Voleva conoscere a tutti i costi il significato di “incipit” ed era disposto a spendere l’impossibile per averne grandi quantità. La moglie era diffidente e mi chiese:
- Mi scusi, cosa sono gli incipit?
- Inizi!
Il marito esplose di gioia.
- Vedi che siamo ignoranti come le capre. Laggiù c’è un mondo che va avanti…
Ursula mi offrì un bicchiere d’acqua e mi chiese ancora:
- Quanto ci hai impiegato ad arrivare fin qui?
- Cent’anni, più o meno…
- Ah, ecco! Ne hai fatta di strada ragazzo!
Infatti ero salito molto in alto.
- Ma scusi… - chiesi io.
- Dica…
- Ma non ci sono panchine da queste parti?
- Cosa sono le panchine?
Arrivò José gridando dalla cucina:
- Panchine, panchine,  panchine, dobbiamo farle! Cosa sono?
Mi accorsi solo in quel momento che nel Gran Paradiso, a Macondo, mancavano le panchine e decidemmo di farle.
Quando ne facemmo una decina, José ebbe l’ardire di chiedere:
- A cosa servono?
- A sedersi!
- Figo!



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