Usava
il passato come passatempo. Pensieri orizzontali e verticali a schema libero. L’enigma
era trovare gli incroci tra le caselle. Si mosse intorno e non si guardò
neppure, aveva solo un punto dove concentrare il suo mondo. Il corpo si mise a
contorcersi lievemente e si pose a terra come un filamento di lino abbandonato
sull’erba. Prese contatto col terreno e coltivò la soluzione. Risolse l’intreccio
e lo cancellò dalla memoria: la sua e quella delle circostanze. Riprese forma
col respiro e diede sfogo al cuore di condurre la sua recita. Era nudo malgrado
fosse vivo. Gli occhi si aprirono perché forse stavano socchiusi come persiane
che non si spalancano da giorni. Fece un lento balzo in avanti rotolando raggomitolato,
e scavalcò il filo sottile che lo legava al principio dei suoi tempi. Corse tra
le betulle bianche sbattendoci le braccia, trovando una scorciatoia aperta alla
sua disputa. Tolse ogni cosa e si librò nell’aria, lasciando frammenti di atomi
indivisibili a mischiarsi con le lucciole sul grano.
- Che
fai? – chiese il sole notturno.- Intrattengo!
- Cosa? – chiese una luna spenta.
- Lo scricchiolio grezzo del rischio.
- Che cazzo vuol dire? – disse una voce fuori dal coro.
- Niente, mi è uscito solo questo.
Si spensero le luci e rimasero solo gli innumerevoli occhi accesi degli spettatori assenti.
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