martedì 17 marzo 2015

Giudicare inutilmente

- Non me lo doveva fare!
Erano anni che ripetevo questa frase. Una volta la dissi a mio padre e un’altra volta a mia madre, e poi a mio fratello e a mia sorella, e poi al mio migliore amico e al primo amore. Chissà a quanti altri lo dissi che ora non ricordo. Ogni volta una delusione, un ricordo, un iceberg profondo. Certo, poi dimentichi, ma quella roba lì, quello che ti hanno fatto, quello non si cancella, resta indelebile.
- Questa me la paga!
Erano anni che ripetevo questa frase. Una volta la dissi a mio padre e un’altra volta a mia madre, e poi a mio fratello e a mia sorella, e poi al mio migliore amico e al mio primo amore. Chissà a quanti altri lo dissi che ora non ricordo. Ogni volta una delusione, un ricordo, un iceberg profondo. Certo, poi dimentichi, ma quella roba lì, quello che ti hanno fatto, quello non si cancella, resta indelebile.
- Bastardo!
Erano anni che ripetevo questa parola. Una volta la dissi a mio padre e un’altra volta a mia madre, e poi a mio fratello e a mia sorella, e poi al mio migliore amico e al primo amore. Chissà a quanti altri lo dissi che ora non ricordo. Ogni volta una delusione, un ricordo, un iceberg profondo. Certo, poi dimentichi, ma quella roba lì, quello che ti hanno fatto, quello non si cancella, resta indelebile.
Un giorno, un giorno qualunque, mi stancai. Si ruppe qualcosa nel mio meccanismo logico-credente-cazzone-limitante. Quel giorno fui libero, perché fondamentalmente mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella, il mio migliore amico, il mio primo amore e tutti gli altri che non ricordo, non mi fecero proprio un cazzo di niente.

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