sabato 4 gennaio 2014

Le donne


Le donne. Lo so che parlare delle donne è come camminare scalzi per casa senza le scarpe (non vuol dire un cazzo, ma mi piace, voi pensavate ai carboni ardenti?). Quando un fesso come me, che usa panchine e stupidaggini per argomentare ogni nefandezza della mente cercando di dare un significato al mondo reale, dovete stare calmi, tanto non è vero niente. Comunque, quando si parla di donne sei in quella fase che si può dividere in tre tipi (giusto per dare un numero alle mie cazzate): quelli che ne hanno molte, quelli che ne hanno una e quelli che non scopano da molto tempo. Lascio a voi decidere la mia categoria, non è difficile farlo. Faccio una premessa: una cosa che mi disturba sono gli uomini che danno il loro biglietto da visita. L’ho fatto anche io, purtroppo. Ricordo con affetto sincero, quel periodo tra la fine degli anni 80 e inizio anni 90, quando cadde il muro di Berlino, e non c’entra un cazzo, ma ci arrivo dopo, quando io e un mio carissimo amico andavamo a farci biglietti da visita con su scritto, prima del nome e cognome, quelle sigle ad effetto: Ing., Geo., Rag. e così via, noi che a malapena avevamo conseguito la terza media. La cosa sconcertante era che funzionava, e questo resta ancora un mistero, sta di fatto, che ottenuto l’appuntamento, mi presentavo con una fiat 128 verde ramarro per non dire tamarro, che non aveva un effetto immediato di piacere per chi doveva salire su quel concentrato di lamiere messe a cazzo. Infatti, lei mi chiese:
- Non mi vorrai dire che questa è la tua macchina?
- No, è quella di mia madre, la mia è dal meccanico.
E fino a qui, la tattica sembrava funzionare, il peggio arrivò quando mi chiese:
- Che macchina hai, quindi?
- La fiat regata!
Ecco, io ero convinto di aver fatto un figurone, in realtà feci tutt’altra figura.
E andammo al cinema come quelli che speravano fosse già la via di ritorno.
Il film fu “il cielo sopra Berlino” di Win Wenders ed io mi addormentai come un ghiro idiota, dato che non ci capivo un accidente, mentre lei mi guardò sconsolata sapendo che ero un emerito deficiente. (Ecco perché ho fatto il riferimento del muro di berlino, perché crollò quel muro di falsità da ingegnere, e con loro anche la Regata, che per fortuna non ne ho mai avuta una).
Ora, tornado al biglietto da visita e ai tempi attuali, trovo terrificante quel passaggio veloce, perché lei sta immediatamente pensando questa considerazione:
- Che coglione! (pensatela a denti stretti, mi raccomando)(Ah, 9 volte su 10 non vi chiama… va beh la percentuale è più bassa, ok)
Io volevo parlare di donne e mi metto a parlare di biglietti da visita, mah… Chissà dove voglio andare a parare…  diciamo così…
Se vuoi veramente quella donna sarebbe meglio che te la vai a prendere!!!
Messa così sembra semplice, ma è lei che ti da la chiave di lettura anziché un cazzo di volgare biglietto da visita.
E quale sarebbe questa chiave? Va beh, adesso ci penso… Ok, ve lo confido!
Quando fa una cosa molto semplice, bella, involontaria e spontanea: “quando ti tocca la mano”, non per stringerla come un saluto, quando te la sfiora e ci rimane per qualche secondo, quei cazzo di secondi che superano il tempo, come una vibrazione epidermica che ti trasmette solo immagini che riguardano te e lei e nessun altro, un libro aperto di parole nuove, di pagine da annusare, del rumore della carta che è la sua pelle, dell’immensa biblioteca che è il suo corpo.

- Sai, credo di aver capito le donne!
- Allora devi ricominciare da capo!

(Il venditore di incipit)

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