martedì 17 febbraio 2015

Invisibile

Sentii, improvvisamente, dell’aria mulinante a ridosso della nuca, e mi voltai. Una tizia, fiondata da chissà dove, girovagava nel prato con atteggiamenti inconsueti per le menti chiuse. Infatti, camminava con i palmi delle mani rivolte verso la terra e le braccia a ridosso dei fianchi, come se fosse in cerca di qualche vibrazione, che ne so, in cerca di giacimenti interni. Muoveva le dita come un’esperta pianista e ruotava il corpo e il collo come un’abile torero. Mistero. Sembrava come quei bagnanti partiti dalla spiaggia che raggiungono il mare a livello dei glutei e sentono con le mani la temperatura dell’acqua prima di immergersi. Giocava con l’aria come una danzatrice africana al rallentatore.
- Non senti quanto è pieno il vuoto? – mi chiese.
- A me il vuoto mi inquieta! – risposi.
- Abbi fede!
Muoveva con dolcezza gli arti superiori come si muovono i pistilli nei fiori. Davvero sapeva riempire l’invisibile rendendo inutile la materia intorno come si passa dalla notte al giorno. Notavo, in alcune circostanze veloci, uscire dalle sue dita, nuvole bianche di fumo che scomparivano all’istante come particelle quantistiche che sfuggono alla logica. Le mie percezioni vennero irradiate da fotoni invisibili, poi decodificati dalle mie cellule, che prima di quel giorno, stavano a cazzeggiare e a fare sempre le stesse cose. Quel modo di stare nel mondo era diverso dal quotidiano vivere insicuri, e provai anche io a fare la stessa cosa pensando di trovare la mia profonda miscela di idrocarburi.
- Non sento niente! – dissi.
- Ma non senti quanta energia?
- No!
- È perché vuoi capire. Questo è un mondo dove si vuole sempre capire.
- E cosa dovrei fare?
- Neutro.
- Cosa?
- Scoprire.
- Che cosa dovrei scoprire?
- La creazione.   

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