domenica 8 febbraio 2015

Polla e Lou

Ella si chiamava Polla, o meglio, Lady Polla. Era una cantante jazz di locali notturni della città. Lei si esibiva dopo le tre di notte perché prima doveva portare in giro il suo cane e fumarsi un paio di sigarette. Certe notti duettava con un bravo trombettista, un tizio pelle e ossa, che ci sapeva fare, sia con lo strumento che con la voce, da un nome molto particolare: Luigi Braccioforte. Questo nome evocava a tutti qualcosa, in una sorta di enigma da risolvere, che nessuno ovviamente ebbe mai la capacità di capire. Però, lui voleva che lo si chiamasse Lou, così tanto per mettere ancora più mistero nella sua esistenza. Polla ne era innamorata, ma non glielo disse mai, perché non voleva mischiare i sentimenti con la loro unicità artistica, poteva essere fatale. Un giorno Lou decise di partire.
- Senti Polla, io me ne vado.
- E dove vorresti andare, brutta testa di cazzo!
- Che ne so, via di qui, magari sulla luna.
- Sei il solito idealista…
- Mi sta tutto stretto in questo posto…
Era sulla soglia della porta di casa della Polla con una valigia in mano. Gli diede un bacio sulla guancia, poi si voltò e prese le scale. Lei fece l’unica cosa giusta da fare: sbattere la porta. Pianse sul cuscino lacrime amare, poi si accese una sigaretta e ascoltò della buona musica. Era fatta così, sapeva come addomesticare il dolore.
Passarono alcuni anni. Lei dopo quel giorno smise di cantare, non aveva più voce, e si mise a fare un lavoro di traduzioni di telefilm americani troppo comici per i suoi gusti.
Una notte di neve e di nebbia, Polla portò come il suo solito il cane a spasso e si sedette sulla panchina fredda. Si mise canticchiare “A foggy day” ricordando i tempi che furono. Dal fumo della notte gelida e della sua sigaretta, sbucò all’improvviso Lou invecchiato con la barba - lui che se la faceva sempre ogni mattina - con il suo strumento in mano e un cappello in testa.
- Ciao, baby!
Lei non disse nulla e continuò a cantare “A foggy day”. Lui la prese per la vita, portò la tromba alla bocca, ci soffiò dentro qualcosa che sembrava dell’ottima musica, e scomparvero nella nebbia.
 


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