- Pà, siediti sulla panca che ti faccio una foto.
- Perché?
- La mando a uno che scrive storie.
- Sai che storie!!!
Si sentì il tipico rumore dello scatto, mentre lui guardava un punto preciso della terra, dove germogliano le storie. Aveva voglia di inventarsela lui una storia di sana pianta. Una storia che parlasse dei suoi baffi.
“Sono già nato così. Sono venuto al mondo con i capelli sulla bocca. Li ho sempre utilizzati per catturare la neve e la pioggia. C’è stato un giorno in gioventù che avevo deciso di tagliarli, ma per fortuna non lo feci, perché baciai quella ragazza un attimo prima di recarmi dal barbiere a radermi, solo per vedere come sarei stato nudo tra il naso e il labbro superiore. Il gusto di quel bacio si impregnò così bene nei bulbi dei peli, che ogni volta che li sfumavo con le forbici, le punte spruzzavano il suo profumo: il profumo di lei e di nessun altra. Lo fa ancora oggi, malgrado siano passati molti anni. È per questo che tengo i baffi, per respirare l’amore di una donna: che è come la campagna, che è come la terra, che è come una storia inventata di sana pianta perché ha radici profonde”.
- Pà, andiamo?
Toccò prima l’erba e dopo i baffi. Li sfregò bene assieme alla terra, e poi disse a suo figlio che aveva la macchina fotografica in mano:
- Scatta questa… è l’odore di tua madre.
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