giovedì 6 ottobre 2016

Jane e Bill


Jane aveva i suoi ritmi stravaganti. Jane era una sognatrice distrattamente ad occhi aperti. Jane dimenticava tutto l’occorrente, anche la lista della spesa, per non dire gli appuntamenti. Ogni volta che tornava a casa deponeva svagata dappertutto le sue cose: le chiavi all’estremità del tavolo, il cappellino azzurro sulla sedia a dondolo, la borsa di finto coccodrillo sul davanzale della finestra... del tinello, la giacca di finta pelle d’asino sul comò della camera da letto, le scarpe col tacco lanciate sotto il letto, le mutandine di pizzo sulla cornetta del telefono e il reggiseno imbottito sulla cornetta della doccia dell’idromassaggio: sarebbe stata in grado di telefonare in Pennsylvania con l’acqua calda che gli scorreva nell’orecchio. Quando usciva dalla doccia tutta bagnata in punta dei piedi, si aggirava furiosamente come un avvoltoio, con lo scopo di trovare almeno un asciugamano, ma mancava all’appello pure l’accappatoio. Perdeva tutto: she lost everything. Il giorno dopo era costretta a rifare le chiavi di casa in ferramenta e andare in tutti i negozi di abbigliamento a fare shopping. Le sue cose magicamente sparivano come i camaleonti svaniscono sulle foglie e sui rami. Lei lo chiamava “mimetismo fotonico” perché lo aveva letto su Focus, il suo mensile preferito, l’unica cosa che non appoggiava mai in nessun luogo, e lo teneva sempre sottobraccetto.
Un giorno dovette fare un trasloco, andava a vivere in un appartamento in centro, più easy in stile feng shui, con letti, armadi, elettrodomestici a muro, per poter gettare finalmente ogni cosa sul pavimento.
- Senti, qui abbiamo 1245 chiavi tutte identiche, 3456 mutandine di pezza, 3456 reggiseno artefatti, 2456 borse finte coccodrillo e 6777 scarpe col tacco, che tra l’altro un paio sono spaiate – disse Bill, un ragazzone del Montana di origini indiane.
- Ah sì, una l’ho lanciata al mio ultimo ragazzo.
- Che facciamo?
- Ti andrebbe un caffè sul terrazzo?
Da quel giorno, Bill e Jane, si frequentarono e s’innamorarono di brutto.
Lui chiese a lei per 18250 volte di sposarla e Jane per 18250 volte perse l’anello di fidanzamento, che Bill trovò per 18250 volte in un luogo diverso sul pavimento, di quell’appartamento in centro, più easy in stile feng shui, con letti, armadi, elettrodomestici a muro.
50 anni insieme senza sotterfugi e senza inganni. Non si sposarono mai.
Un giorno a Jane venne un forte dolore al petto e cadde a terra. Bill cercò invano di rianimarla. Le ultime parole di Jane furono:
- Ho scritto una lettera per te!
Bill la cercò per 365 volte in un luogo diverso sul pavimento, di quel cazzo di appartamento in centro, più easy in stile feng shui, con letti, armadi, elettrodomestici a muro, col rischio, preso dalla disperazione, di dormire qualche notte dentro il frigorifero. Poi, anche a Bill venne un forte dolore al petto e cadde a terra, sul pavimento che conteneva ogni ben di Dio. Quella lettera fu il miglior camaleonte della storia di Jane, nessuno, neanche l'F.B.I, in mezzo a quelle innumerevoli cianfrusaglie, scovò mai quel fatidico foglio.
Su quella lettera c’era scritto:
“Bill, certo che lo voglio!”



Nessun commento:

Posta un commento