lunedì 31 ottobre 2016

Viaggio al termine dell'incipit (5)

Una pallottola nel naso non è una supposta nel culo. Una pallottola nel naso non te lo libera per sei/otto ore. Magari. Una pallottola nel naso è un aerosol di polvere da sparo: ti apre la fontanella del cranio e diventi un irrigatore da giardino. Ho un gran mal di testa nella zona del setto nasale, quindi: o sto da Dio a fare una rinoplastica o questo tizio, che mi è caduto a peso morto sulla mia faccia, mi ha tirato una testata senza senso. Un peso morto pesa il doppio. Un peso morto è una gran rottura di cazzo. Dunque! Non so come spiegarmi. Ho sentito lo sparo, una botta tremenda al terzo occhio, quello che dovrebbe vederci lungo, e poi, un quintale di merda umana da sostenere sullo sterno. Ora, la necrofilia è lontana da ogni mio desiderio, ragion per cui, sarebbe meglio che sposti la sua brutta faccia dalla mia in quanto la sua lingua si è infilata nella mia bocca. Cazzo. È un dettaglio che avrei preferito occultare. Questo è morto con la lingua di fuori come le vacche, e guarda caso, dopo che mi ha rotto il naso, mi ha infilato il suo viscido prosciutto scaduto in bocca. Che schifo. Gli prendo la testa, la sollevo con fatica, e mi levo il serpentello dalla gola. Giro la testa e vomito. Merda. Sputo, tossisco, e vomito.
- El arma, hombre.
Un rumore metallico risuona vicino al mio orecchio. Una pistola lanciata da chissà dove mi cade a pochi centimetri dal mio viso. È la mia pistola. Sposto il porco e me lo levo di torno. Il sole alto mi acceca gli occhi. Un tizio con un’altra pistola in mano fumante sta in piedi. Due facce: la sua e quella del sole. Due facce come i due campanili di Quito a segnare ore diverse. Non vedo niente.
- El era un hijo de puta – mi dice.
Riconosco la sua voce, ma non ricordo più dove l’ho già sentita. Raccolgo la pistola e la moneta. Mi alzo e con un fazzoletto preso dalla tasca mi pulisco la bocca e mi tampono il naso. Lui mi indica la zona dei pullman e mi intima di andarmene da lì.
- Hasta luego, Quito.
Mi dirigo verso la stazione dei pullman barcollando. Infilo la pistola dietro la schiena e guardo la moneta. Poi, mi giro un’ultima volta.
- Hey, hombre, dónde está “un nuevo sol”?
- Salva el culo, hombre.
Già! Mi avvicino a una fontanella e mi sciacquo la bocca. Ci butto tutta la testa. Un pullman sta per partire perché ha appena chiuso le porte. Corro verso di lui che fa retromarcia. Busso con la mano aperta, e le porte si aprono. Salgo.
- Dónde va? – mi chiede l’autista.
- Al capolinea.

continua...      



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