- Hey, amigo
Ho la canna di una pistola infilata nella narice destra del
naso. L’uomo che la tiene impugnata ha un sigaro in bocca, e perde saliva. Ogni
tanto sputa di traverso, non mi ha ancora sputato in faccia. Sono a terra e non
ho la pistola perché l’ho persa. Non ricordo dove l’ho messa. Mi ritrovo qui,
con questo tizio che puzza di tequila, denti marci e faccia scura. Tutto è
iniziato un’ora fa. Ero tornato dalla montagna e mi sono infilato in un locale
a bere una birra. Dopo un paio di sorsi mi sono diretto in bagno per pisciare.
La mia vescica era dolorante e sono entrato nel cesso velocemente. Ho mormorato
a voce alta la mia soddisfazione quando mi sono liberato, come quando si
uccidono i cattivi pensieri, che da solidi diventano liquidi. Avevo il braccio
contro il muro e la testa appoggiata come se stessi contando a nascondino.
Svuotato il serbatoio, ho tirato giù la catenella e su la cerniera, mormorando
sempre qualcosa, e sono uscito. Avevo la netta sensazione che qualcuno si fosse
nascosto in un altro cesso. Ne ero certo, stavo giocando. Mi sono diretto verso
il lavabo e mi sono sciacquato la faccia. Più volte. Sentivo la presenza come
quando il sole è alto, e cammini, e l’ombra ti supera da sotto i piedi e te la ritrovi davanti. Ho
sollevato la testa lentamente, ho guardato lo specchio, e dietro di me non
c’era anima via, solo la mia faccia bagnata riflessa. Ero agitato. Il mio cuore
ha iniziato a tambureggiare. Ho cercato di ritrovare la calma, e invece ho
trovato sul davanzale mezzo chilo di cocaina, una mastercard e una striscia
pronta. Cazzo… meglio andarsene. Come mi sono girato un tizio ben vestito e ben
pettinato, mi ha preso per il braccio. Non so da dove fosse sbucato ma ho
capito che c’era un grosso problema: ero nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quito è così, è l’ignoto. Ci siamo fissati per qualche secondo. Lui ha stretto
più forte il mio braccio, io non mi sono divincolato. Poi si è messo a ridere.
Rideva così forte che sentivo sulla faccia le vibrazioni della sua ugola, anzi,
vedevo proprio il profondo della sua gola molto arrossata. Ha mollato la presa,
e mi ha dato una pacca sulla spalla.- Hey, amigo.
Sono uscito dal bagno e ho compreso immediatamente che a Quito, la parola “amigo”, vuol dire essere a rischio, è colui che ti pugnala alle spalle. Ho pagato la birra e mi sono scaraventato fuori. Il sole era alto e l’ombra stava sotto ai miei piedi. Pensavo fosse finita lì, ma sapevo di essere un testimone scomodo. Tutto questo solo per una stupida pisciata. Quando ho girato l’angolo, sono stato scaraventato a terra e mi sono trovato una canna della pistola nella narice destra.
Eccomi qua. Ora come glielo spiego a sto tizio che a me non me ne frega niente della sua roba. Il problema è che davanti ai miei occhi non c’è il tizio di prima, ma un altro, con una brutta faccia scura. Con la mano sinistra prende dalla tasca una moneta e me la mette sotto il naso. Mi invita a leggerla. Metto a fuoco e c’è scritto: “Un nuevo sol”. Che cazzo vuol dire?
- Hey, amigo.
Ancora. Mi scoppia il cervello.
Poi, lo sparo.
continua...
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