Quando hai
inarcato la schiena, hai provato a sciogliere le catene della tua colonna vertebrale.
Gli anelli si sono messi a saltare, e un drago ha percorso le tue vertebre.
Come una lupa hai alzato il collo verso la luna e col muso l’hai annusata. Eri
ferita da chi ti aveva dato la caccia, e hai ringhiato alla notte con le bave
alla bocca. Quando hai raggiunto l’apice e la tua nuca ha toccato la schiena,
ti sei trovata in piena estensione, e ti sei liberata. Il tuo pelo lucido si è
fatto nero e ti sei mimetizzata col buio. I tuoi ululati di guerra si sono estesi
e si sono sentiti in tutta la valle. Assomigliavi al dito che indica la luna,
che io non ho visto, dato che ero pervaso dalla stoltezza, di guardare te, come
unica indicazione di bellezza. Ti sei accorta di me, ti sei girata di scatto e hai
respirato la paura. Io sono rimasto a fissarti come un cane che si era perso, e
mi sono seduto a terra. Ti ho aspettato rispettando i tuoi occhi pieni di
rabbia e mi sono abbandonato sul fianco per mostrarti la pancia. Allora ho capito
quanto fossi indifeso e vulnerabile, e quanto tu avresti potuto, con un morso,
uccidermi. Ho scavato una buca, ho chiuso gli occhi e sono scomparso tra le
foglie. Sei venuta a prendermi con diffidenza e mi sei girata intorno come i
vortici di un tornado. Volevi distruggere tutto: alberi, vigneti, case
solitarie. Invece ti sei fermata sulla soglia del mio corpo, e ti sei quietata.
- Non
perdermi di vista!Mi hai detto proprio così.
- Non perdermi di vista!
Me lo ricordo ancora adesso che non smetto di tenerti gli occhi addosso.
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