martedì 1 luglio 2014

Tracce


Si persero le tracce. Camminava sospeso a un centimetro da terra.
Si persero le tracce. Camminava anche al contrario con i piedi rivolti al cielo.
Si persero le tracce. Perché volava di traverso.
Le sue impronte erano visibili solo da occhi indiscreti.
Si persero le tracce come si perde la ragione.
Si persero le tracce come si suole dire.
Era sparuto e per certi versi sparito per il suo aspetto emaciato per non dire pallido come la luna bianca in una notte nera come il carbone spento.
Si persero le tracce e non c’era nessuno che avesse verificato attentamente i suoi eventuali passi da gigante o quelli più lunghi della gamba.
Niente orme. Nessuna erba calpestata o contorni di fango lasciati dopo il diluvio imprevisto.
Si persero le tracce e fece le domande.
- A chi vuoi bene, enigmatico uomo, di’? A tuo padre, a tua madre, a tua sorella o a tuo fratello?
- Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello.
- Ai tuoi amici?
- Adoperate una parola di cui fino a oggi ho ignorato il senso.
- Alla tua patria?
- Non so sotto che latitudine è posta.
- Alla bellezza?
- L’amerei volentieri, dea e immortale.
- All’oro?
- Lo odio come voi odiate Dio.
- Eh! Ma allora cosa ami, straordinario straniero?
- Amo le nuvole… le nuvole che vanno… laggiù… laggiù… le meravigliose nuvole!
(Dialogo finale da un poemetto in prosa de”Lo spleen di Parigi” di Charles Baudelaire)

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