martedì 29 luglio 2014

Filtro


Aveva un bisogno assoluto di un filtro magico, qualcosa che poteva rendere i suoi pensieri più neutri possibili. Sapeva che non esisteva nella realtà, benché ci sperasse. Non sopportava l’idea di dover avere pregiudizi, anche se era inevitabile. Voleva a tutti i costi trovare leggero il peso della coscienza. Un giorno si diresse al parco e si sedette su di una panchina. Vide molte persone che passavano e provò una sorta di fastidio. Avvertì nel suo corpo un disagio inaspettato fatto di emozioni contrastanti. Se aveva un barlume di felicità, un secondo dopo se ne vergognava, pensando che era una sensazione troppo grande per esistere, e gli venne addosso, come un fiume in piena, un’eccessiva vulnerabilità. Chiuse gli occhi e provò a immaginarsi nel grembo di sua madre. Se ne stava lì rannicchiato nella placenta, nella posizione fetale. Non faceva nulla se non stirarsi ogni tanto le gambe e le braccia. Era immerso in quell’acqua calda e non respirava. Già, lì dentro non si respirava, e gli sembrava strano dato che non era un pesce. Come poteva essere vivo senza respirare? – si chiese. Non conosceva nulla se non le vibrazioni di sua madre. Era nel niente di niente, in nessuna logica. Non soffriva di claustrofobia, non aveva intolleranze alimentari, non sapeva che due più due faceva quattro, e non sapeva che si muore una volta nati. La forza di gravità e la sua natura decisero di farlo uscire da un tunnel che poteva anche essere una lunga galleria. Quando uscì, il primo boccone fu l’aria e si mise a piangere. Si accorse che l’aria era il primo cibo che aveva ingoiato e che da quel momento non avrebbe mai più smesso. Aprì gli occhi di colpo e prese a respirare affannosamente, dato che, con ogni probabilità, era andato in apnea. Cominciò a fare lunghi respiri, quasi preso dal panico e sentì l’affanno nel plesso solare.
- Si sente bene? – chiese una ragazza che passò di lì.
- Sì. Ha mica una sigaretta?
- Certo. La vuole col filtro?

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