mercoledì 24 settembre 2014

Mattone


Avevo un mattone nello stomaco. Un cazzo di mattone con tutti i calcinacci. Pesava, mio dio, quanto pesava. Mi chiedevo chi cavolo me lo avesse messo. Sarà stato lo stress, parola abusata dagli specialisti che non studiano le persone. Sta di fatto che presi la decisione di correre e di sudare. Avevo Tom Waits sulle spalle che cantava qualcosa con la chitarra. Fumava come un ciminiera e ogni tanto ruttava dopo una golata di birra fresca. Avevo sto qua sulle spalle e il mattone nello stomaco, e correvo. Ma dove cazzo andavo? Quando le mie gambe non ressero più, mi fermai e mi sedetti in una panchina. Dietro di me c’era una siepe e si sentivano bambini che giocavano ridendo. Tom smise un attimo di suonare perché si stava rollando una siga. Io feci più attenzione all’ascolto e sentii un ragazzino dall’altra parte della siepe, che poteva essere un altro mondo, dire queste semplici parole:
- Vorrei che noi vivessimo così tanto da poter avere una leggera malinconia nel ricordare queste parole che ti sto dicendo adesso.
Non so a chi l’avesse dette, forse alla sua fidanzatina, al suo amico del cuore o meglio, al suo amico immaginario che non era altro che se stesso.
Tom si fece una grossa risata, tirò una lunga scorreggia che mi scosse le vertebre e suonò una canzone: non si può mai trattenere primavera. Nel frattempo, insieme alla canzone scomparse il mattone.


http://youtu.be/vgeZEdbv_m8

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