Avevo un
mattone nello stomaco. Un cazzo di mattone con tutti i calcinacci. Pesava, mio
dio, quanto pesava. Mi chiedevo chi cavolo me lo avesse messo. Sarà stato lo
stress, parola abusata dagli specialisti che non studiano le persone. Sta di
fatto che presi la decisione di correre e di sudare. Avevo Tom Waits sulle
spalle che cantava qualcosa con la chitarra. Fumava come un ciminiera e ogni
tanto ruttava dopo una golata di birra fresca. Avevo sto qua sulle spalle e il
mattone nello stomaco, e correvo. Ma dove cazzo andavo? Quando le mie gambe non
ressero più, mi fermai e mi sedetti in una panchina. Dietro di me c’era una
siepe e si sentivano bambini che giocavano ridendo. Tom smise un attimo di
suonare perché si stava rollando una siga. Io feci più attenzione all’ascolto e
sentii un ragazzino dall’altra parte della siepe, che poteva essere un altro
mondo, dire queste semplici parole:
- Vorrei che
noi vivessimo così tanto da poter avere una leggera malinconia nel ricordare queste
parole che ti sto dicendo adesso.Non so a chi l’avesse dette, forse alla sua fidanzatina, al suo amico del cuore o meglio, al suo amico immaginario che non era altro che se stesso.
Tom si fece una grossa risata, tirò una lunga scorreggia che mi scosse le vertebre e suonò una canzone: non si può mai trattenere primavera. Nel frattempo, insieme alla canzone scomparse il mattone.
http://youtu.be/vgeZEdbv_m8
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