È
un’indecenza. Non si scrivono più cartoline. Quei bei saluti da Varigotti o da
Rosolina mare. Una volta, negli anni ottanta, ci dedicavi un giorno intero solo
per quello, e di solito era l’ultimo della vacanza. Solo quelli attenti le
scrivevano a metà percorso, ma erano quelli con meno fantasia e di solito ti
raccontavano eventi che a te non fregava un cazzo. A te interessava ricevere
solo quelle delle ragazze, e avresti voluto che ti scrivessero “mi manchi”,
anche se non era vero, dato che limonavano duro, per non dire di più, col
biondo muscoloso bagnino (Il bagnino è sempre biondo, e questa cosa mi ha
sempre dato un sacco fastidio). Sta di fatto che ne compravi tante, coi
francobolli e le spedivi anche a quelli che ti stavano sul cazzo. (Faccio una digressione.
Negli anni ottanta, la raccolta di francobolli, ti serviva essenzialmente per
invitare ragazze a casa tua a vedere l’album, dato che non sapevi prendere le
farfalle. Ricordo che ci fu una mania delirante di massa sulla raccolta di
francobolli, ma anche, e inspiegabilmente, sui pacchetti vuoti delle sigarette
e le lattine vuote. C’erano stanze adibite a raccolte differenziate in quel
periodo, grandi discariche interne, e Bennato cantava “Tu vuoi l’America”).
Comunque, era bello stare lì con la penna in mano a pensare cosa scrivere dato
che avevi già compilato il settore degli indirizzi (è sempre stata la prima
cosa che facevi, era una legge non scritta che tutti rispettavano. In realtà
eri preso dall’emozione di scrivere qualcosa di bello e impegnativo che poi non
ti azzardavi mai di fare, dato che era effettivamente impegnativo). Avevi, come
consuetudine a quei tempi, un’agendina dove avevi innumerevoli nomi quanto un
elenco telefonico, e molti di loro non sapevi manco chi cazzo fossero. Ricercavi
nel tuo animo di poeta mai espresso, frasi a effetto per le ragazze. Ah, se
allora ci fosse stato Wikipedia avresti fatto sfracelli con poesie di Prevert o
aforismi di Jim Morrison (certo che bastava comprare qualche libro, magari. Ma
in quel periodo i libri servivano come mensole per le lattine vuote). Purtroppo
non eri preparato, così con le ragazze meno dotate intellettualmente ti
permettevi il lusso di sbagliare i congiuntivi, con quelle sapienti facevi
scrivere le cartoline a quelli intelligenti (anche se poi ti accorgevi che
erano scritte troppo bene per il tuo standard e ti avrebbero sicuramente
sgamato, allora le spedivi a tua madre così credeva che tu fossi studiato). Ai
ragazzi di solito scrivevi “Saluti” e manco ti firmavi. C’era anche il bello
del post scriptum, dove gli ricordavi delle cose, che ne so, bagna l’orto e dai
da mangiare al gatto, che quando tornavi ti ritrovavi l’orto che era diventato
il deserto del Sahara e il gatto seppellito perché morto di fame, dato che la
cartolina in questione non era mai arrivata per colpa delle poste di allora,
che erano lente per non dire distratte, e magari era giunta in Africa dai
Tuareg che allevavano leoni. Però il bello delle poste di allora, che erano
inefficienti, ti consentivano di dire, a chi non avevi spedito nulla, che la
colpa era della burocrazia o di chi era al governo a gestire il paese (motivo
valido che si usa fare tutt’ora per altre inefficienze). Quindi, trovo che la
tecnologia c’ha tolto il gusto di essere scrittori e di inviare parole che non
avevano un’immediatezza come adesso. Allora le parole viaggiavano e molto
spesso le ricevevano le persone sbagliate. (C’è chi ha ricevuto ora una
cartolina del 1984 con su scritto:” Va tutto bene” da un tizio sconosciuto che era
morto il giorno dopo per annegamento. Non immaginate la commozione dopo
trent’anni). Sento la nostalgia della cartolina, quelle belle dall’estero,
soprattutto per una cosa molto importante: per il francobollo, dato che ancora
oggi non riesco a prendere le farfalle.
http://youtu.be/bSTuwY95Oag
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