sabato 16 agosto 2014

Cartoline (Tu vuoi l'America)


È un’indecenza. Non si scrivono più cartoline. Quei bei saluti da Varigotti o da Rosolina mare. Una volta, negli anni ottanta, ci dedicavi un giorno intero solo per quello, e di solito era l’ultimo della vacanza. Solo quelli attenti le scrivevano a metà percorso, ma erano quelli con meno fantasia e di solito ti raccontavano eventi che a te non fregava un cazzo. A te interessava ricevere solo quelle delle ragazze, e avresti voluto che ti scrivessero “mi manchi”, anche se non era vero, dato che limonavano duro, per non dire di più, col biondo muscoloso bagnino (Il bagnino è sempre biondo, e questa cosa mi ha sempre dato un sacco fastidio). Sta di fatto che ne compravi tante, coi francobolli e le spedivi anche a quelli che ti stavano sul cazzo. (Faccio una digressione. Negli anni ottanta, la raccolta di francobolli, ti serviva essenzialmente per invitare ragazze a casa tua a vedere l’album, dato che non sapevi prendere le farfalle. Ricordo che ci fu una mania delirante di massa sulla raccolta di francobolli, ma anche, e inspiegabilmente, sui pacchetti vuoti delle sigarette e le lattine vuote. C’erano stanze adibite a raccolte differenziate in quel periodo, grandi discariche interne, e Bennato cantava “Tu vuoi l’America”). Comunque, era bello stare lì con la penna in mano a pensare cosa scrivere dato che avevi già compilato il settore degli indirizzi (è sempre stata la prima cosa che facevi, era una legge non scritta che tutti rispettavano. In realtà eri preso dall’emozione di scrivere qualcosa di bello e impegnativo che poi non ti azzardavi mai di fare, dato che era effettivamente impegnativo). Avevi, come consuetudine a quei tempi, un’agendina dove avevi innumerevoli nomi quanto un elenco telefonico, e molti di loro non sapevi manco chi cazzo fossero. Ricercavi nel tuo animo di poeta mai espresso, frasi a effetto per le ragazze. Ah, se allora ci fosse stato Wikipedia avresti fatto sfracelli con poesie di Prevert o aforismi di Jim Morrison (certo che bastava comprare qualche libro, magari. Ma in quel periodo i libri servivano come mensole per le lattine vuote). Purtroppo non eri preparato, così con le ragazze meno dotate intellettualmente ti permettevi il lusso di sbagliare i congiuntivi, con quelle sapienti facevi scrivere le cartoline a quelli intelligenti (anche se poi ti accorgevi che erano scritte troppo bene per il tuo standard e ti avrebbero sicuramente sgamato, allora le spedivi a tua madre così credeva che tu fossi studiato). Ai ragazzi di solito scrivevi “Saluti” e manco ti firmavi. C’era anche il bello del post scriptum, dove gli ricordavi delle cose, che ne so, bagna l’orto e dai da mangiare al gatto, che quando tornavi ti ritrovavi l’orto che era diventato il deserto del Sahara e il gatto seppellito perché morto di fame, dato che la cartolina in questione non era mai arrivata per colpa delle poste di allora, che erano lente per non dire distratte, e magari era giunta in Africa dai Tuareg che allevavano leoni. Però il bello delle poste di allora, che erano inefficienti, ti consentivano di dire, a chi non avevi spedito nulla, che la colpa era della burocrazia o di chi era al governo a gestire il paese (motivo valido che si usa fare tutt’ora per altre inefficienze). Quindi, trovo che la tecnologia c’ha tolto il gusto di essere scrittori e di inviare parole che non avevano un’immediatezza come adesso. Allora le parole viaggiavano e molto spesso le ricevevano le persone sbagliate. (C’è chi ha ricevuto ora una cartolina del 1984 con su scritto:” Va tutto bene” da un tizio sconosciuto che era morto il giorno dopo per annegamento. Non immaginate la commozione dopo trent’anni). Sento la nostalgia della cartolina, quelle belle dall’estero, soprattutto per una cosa molto importante: per il francobollo, dato che ancora oggi non riesco a prendere le farfalle.


http://youtu.be/bSTuwY95Oag

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